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di Massimiliano Cavaleri
E’ stato presetato nei giorni scorsi a Milano in una conferenza nella Sala stampa nazionale, moderata dalla giornalista del TG1 Manuela Lucchini, il nuovo Laboratorio di Analisi del Movimento italiano, dedicato ai pazienti con Malattia di Parkinson, inaugurato presso l’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano e realizzato in collaborazione con l’Ospedale Universitario di Würzburg e il Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano, con il contributo delle Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson. Abbiamo incontrato prof. Ioannis U. Isaias, ordinario di Neurologia della UKW-Università di Würzburg per capire meglio alcuni aspetti che riguardano l’avanguardia di questo centro.
Da dove è nata l’idea di dar vita a questo Laboratorio di Analisi del Movimento e perché avete deciso di avviare questa attività di ricerca e di supporto alla clinica?
L’obiettivo principale di questo progetto è trovare nuovi trattamenti e perfezionare quelli già esistenti, per migliorare la qualità vita dei pazienti con malattia di Parkinson. Ci sono alcuni aspetti di questa malattia che non rispondono al trattamento convenzionale con farmaci dopaminergici, come per esempio la levodopa. Si tratta di terapie in generale molto efficaci, ma non sempre per le problematiche di equilibrio, postura e cammino, aspetti importanti perché legati ad un elevato rischio di caduta. Una caduta è un evento temibile in quanto può portare a fratture, ospedalizzazione, ridotta autonomia e scarsa qualità di vita del paziente e del suo accompagnatore (caregiver). Nasce, quindi, da un lato l’esigenza di descrivere e studiare meglio e in modo più oggettivo le problematiche del cammino e della postura nei pazienti parkinsoniani, obiettivo principale di questo Laboratorio di Analisi del Movimento; dall’altro di approfondire e migliorare strategie terapeutiche non farmacologiche, come i nuovi dispositivi di stimolazione cerebrale profonda o Deep Brain Stimulation (DBS) di tipo adattativo.
Ci può spiegare meglio che significa stimolazione cerebrale profonda di tipo adattativo?
La stimolazione cerebrale profonda è una tecnica consolidata nel trattamento della malattia di Parkinson. Utilizzata ormai da più di 30 anni, sta vivendo ora una fase di grande rinnovamento con l’arrivo sul mercato di nuovi tipi di neurostimolatori che permettono, oltre alla tradizionale stimolazione di tipo continuo di alcune aree cerebrali, anche una modulazione in base alle esigenze cliniche del paziente. In quest’ultimo caso si parla appunto di una stimolazione cerebrale di tipo adattativo. Noi abbiamo voluto fare un ulteriore passo in avanti studiando come applicare questa stimolazione “adattativa” non solo alle problematiche cliniche specifiche del paziente (es. tremore, discinesie, etc.), ma anche alle attività della vita quotidiana (es. sonno, cammino, etc.). Per fare questo il primo passo è caratterizzare con precisione le alterazioni cerebrali specifiche per ciascun sintomo della malattia di Parkinson (es. “freezing” della marcia) e quindi distinguerle dall’attività fisiologica specifica di ciascun atto motorio (es. cammino). Ci siamo concentrati soprattutto sulle difficoltà del cammino, anche perché la stimolazione cerebrale profonda può avere come effetto collaterale un suo peggioramento. Questa linea di ricerca avviata in Germania presso l’Università di Würzburg circa cinque anni fa, continuerà ora anche in Italia grazie alla Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson ed alla collaborazione con il Centro Parkinson dell’ASST G.Pini-CTO di Milano, dove è stato ora installato un laboratorio “gemello” a quello tedesco per una concreta collaborazione a livello europeo.
A che tipo di procedura vengono sottoposti i pazienti nel nuovo Laboratorio del Movimento?
I pazienti sono stati sottoposti ad una procedura chirurgica standard di impianto di elettrocateteri (nel nucleo subtalamico) e di un neurostimolatore (sottocute vicino alla clavicola). D’accordo con il paziente, per questi studi abbiamo utilizzato un nuovo dispositivo che, oltre a stimolare, è anche contemporaneamente in grado di registrare l’attività delle aree cerebrali impiantate. È questa un’importante innovazione tecnologica: questi dispositivi ci hanno permesso non solo di stimolare le aree del cervello deputate al controllo dei movimenti e migliorare il quadro clinico dei pazienti, ma anche di registrare l’attività cerebrale durante le varie attività della giornata e le fluttuazioni dei sintomi. Fino ad oggi è stato possibile eseguire questo tipo di registrazioni solo nei primi giorni successivi all’intervento di impianto degli elettrocateteri e con uno stimolatore esternalizzato. Oggi grazie ai progressi tecnologi che hanno dato vita a questa attività di ricerca siamo in grado di fare queste registrazioni con un dispositivo interamente sottocute e a distanza di anni dall’impianto.
In che modo la stimolazione cerebrale profonda può incidere sui sintomi della Malattia di Parkinson?
I sintomi cardine della malattia di Parkinson sono in primo luogo il rallentamento motorio, la rigidità muscolare, il tremore e l’instabilità posturale con conseguente difficoltà del cammino. La stimolazione cerebrale profonda è molto efficace, tanto quanto la levodopa, soprattutto sul rallentamento motorio e la rigidità. Ci sono però casi in cui alcuni parametri di stimolazione sono efficaci su alcuni sintomi (es. rallentamento motorio) ma ne peggiorano altri (es. instabilità posturale). Questo può dipendere da diversi fattori, come l’interferenza della stimolazione sulle frequenze di oscillazione di circuiti neurali preposti alla codifica di specifici atti motori (es. il cammino), oppure anche da effetti indesiderati in regioni cerebrali distanti dal sito stimolato. Questa condizione viene vissuta in modo faticoso dai pazienti che si trovano a dover scegliere tra parametri di stimolazione ottimali per sintomi diversi. Ad oggi, quello che noi neurologi possiamo fare è solo trovare un compromesso a seconda della gravità dei sintomi e delle esigenze del paziente, lasciandogli in alcuni casi la possibilità di cambiare manualmente da un set di parametri ad un altro. Il nostro obiettivo è avere a disposizione un neurostimolatore che automaticamente vada a modulare i parametri di stimolazione in base all’attività cerebrale registrata, come per fare un esempio accade oggi per i pacemaker cardiaci “a frequenza adattativa” in grado di adeguare la frequenza di stimolazione alle esigenze dell’organismo.
In che modo vengono definiti questi parametri?
I parametri di stimolazione vengono definiti durante un breve periodo di ospedalizzazione del paziente: una volta impostati il paziente può tornare a casa. La selezione dei parametri ottimali di stimolazione avviene ancora manualmente, provando diversi parametri e monitorando il loro effetto clinico. Nuovi stimolatori e nuovi elettrodi con contatti che permettono di direzionare il campo elettrico offrono migliaia di combinazioni possibili dei parametri di stimolazione, rendendo la loro scelta sempre più complessa e laboriosa. Una nostra linea di ricerca ha proprio l’obiettivo di facilitare e velocizzare questa procedura. Stiamo studiando nuovi metodi per una programmazione assistita (computerizzata) in grado di suggerire al neurologo i migliori parametri di stimolazione per il singolo paziente.
Quali pazienti possono accedere a questo Laboratorio di Analisi del Movimento e perché nasce questo laboratorio?
Il nostro laboratorio non è in realtà un convenzionale laboratorio per l’analisi cinematica (e.g. lunghezza e velocità del passo, etc.) o dinamica (i.e. reazioni di forza con il terreno) del cammino, ma un ambiente in cui vengono integrate diverse tecniche di registrazione sia dell’attività sottocorticale con i nuovi dispositivi prima descritti, sia di registrazione corticale con un elettroencefalografo portatile ad alta densità e altre neuroimmagini cerebrali (es. MRI e PET). Queste valutazioni verranno eseguite anche in un ambiente di realtà virtuale immersiva per registrare l’attività motoria dei pazienti in situazioni della vita quotidiana per loro più problematiche (es. un incrocio stradale o una strada molto affollata). Soltanto monitorando in modo molto preciso il deragliamento dell’attività neurale specificamente correlato a ciascun sintomo della malattia di Parkinson potremo mettere a punto neurostimolatori di tipo adattativo realmente efficaci. Un primo passo in questa direzione è stato fatto per un particolare problema del cammino che si chiama “freezing” della marcia, un’improvvisa incapacità del paziente nel finalizzare il passo, con i piedi che rimangono bloccati a terra. Per la prima volta abbiamo registrato l’attività della corteccia cerebrale motoria e del nucleo subtalamico prima, durante e dopo la comparsa di “freezing” della marcia. Durante questi episodi i pazienti mostrano una perdita funzionale della connettività tra queste due regioni cerebrali, come se smettessero in modo transitorio di comunicare, generando questo sintomo. Si tratta di un approccio innovativo e multimodale: lo studio del cammino non era mai stato eseguito con questo livello di complessità (es. registrazioni corticali, del nucleo subtalamico, biomeccanica, etc.) nella malattia di Parkinson. I risultati di questa ricerca estremamente entusiasmanti saranno prossimamente pubblicati su “Brain”, una delle riviste scientifiche più prestigiose in ambito neurologico. L’obiettivo è ora poter replicare questa tipologia di analisi anche nel nuovo Laboratorio italiano per poter approfondire altre problematiche del cammino, che resta uno degli aspetti meno controllati dalla terapia e dalla stimolazione cerebrale profonda.
Questi dispositivi adattativi sono già stati impiantati ai pazienti?
Nel laboratorio di Würzburg abbiamo selezionato alcuni pazienti e offerto loro la possibilità di partecipare a questo studio. I pazienti che hanno acconsentito hanno ricevuto questo innovativo neurostimolatore con anche funzione di “registratore”. Una volta impiantati i dispositivi abbiamo avviato questo studio, unico nel suo genere e mai fatto prima, che è riuscito a dimostrare una possibile causa del “freezing” della marcia. In Italia abbiamo avviato un progetto pilota, a seguito del quale è stato deciso di realizzare questo Laboratorio di Analisi del Movimento dedicato alla malattia di Parkinson.
Un altro importante obiettivo dello studio è quello di individuare attraverso l’analisi del movimento una terapia personalizzata per ciascun sintomo. Ci può spiegare in che modo è possibile ottenere questo risultato?
I pazienti parkinsoniani sono molto diversi tra loro: ci sono pazienti che hanno tremore e pazienti che non lo hanno e che mai lo svilupperanno nel corso della loro malattia; pazienti che hanno problemi di cammino e di equilibrio, altri invece no, etc. Da qui la necessità di avere uno stimolatore cerebrale che non utilizzi solo una stimolazione continua con parametri fissi, ma che si adatti alle esigenze cliniche del singolo paziente e delle sue varie attività quotidiane. È questo il primo obiettivo che dobbiamo porci per ottenere una terapia di neuromodulazione personalizzata ed efficace. L’altro ambito di ricerca riguarda il tipo di programmazione di questi stimolatori. Come detto prima, ad oggi la programmazione degli stimolatori viene fatta ancora in modo manuale; all’interno del laboratorio avremo la possibilità di sperimentare e verificare nuovi approcci di programmazione assistita (computerizzata) che, a seconda delle caratteristiche anatomiche del paziente e del posizionamento degli elettrodi, darà un elenco di parametri di stimolazione per ottimizzarne il beneficio su ciascun sintomo e ridurre il più possibile l’insorgenza di eventi avversi, anche a distanza di tempo dall’inizio della stimolazione.
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