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La “grande fuga” dei medici: in centomila pronti ad abbandonare il SSN nei prossimi 5 anni
Per la politica, i medici sono invisibili. È la denuncia senza mezzi termini avanzata dalla nuova campagna lanciata oggi dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), in affissione e con uno spot che varrà diffuso sui social media e proiettato nelle sale cinematografiche.
Il video mostra un medico bardato con tuta e dispositivi di protezione anti-Covid, che lentamente si spoglia. A mano a mano che gli indumenti cadono sul pavimento, la figura scompare; e noi ci rendiamo conto che il medico è “invisibile”, come il protagonista del romanzo di H.G. Wells. Si tratta di una campagna di grande impatto, che punta sulla metafora dell’invisibilità per sottolineare i molti problemi del Servizio sanitario nazionale dei quali nessuno sembra volersi accorgere: fondi tagliati, strutture antiquate, assunzioni bloccate, carenze di personale che costringono i medici in servizio a fare milioni di ore di straordinario.
Secondo i dati della Federazione CIMO- FESMED, tra il 2010 e il 2020, in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 Pronto soccorso e tagliati 37 mila posti letto. Nelle strutture ospedaliere mancano oltre 29 mila professionisti sanitari. La stima è che già oggi, tra ospedale e territorio, manchino più di 20mila medici: 4500 nei pronto soccorso, 10mila nei reparti ospedalieri, 6000 medici di medicina generale. La situazione potrebbe peggiorare nei prossimi cinque anni, quando andranno in pensione 41000 tra medici di famiglia e dirigenti medici (proiezioni su dati Agenas), che diventano 50mila se consideriamo tutti i medici del Servizio sanitario nazionale.
A questo si aggiunge il fenomeno della fuga dagli ospedali: dal 2019 al 2021 – secondo i dati Anaao-Assomed – hanno abbandonato l’ospedale circa 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie, perché il peggioramento delle condizioni di lavoro porta molti professionisti a voler fuggire dal SSN oppure a voler cambiare mestiere. Situazione analoga per i medici di famiglia, che sempre più spesso ricorrono al pre-pensionamento per dedicarsi alla libera professione. Tanto che, tra pensionamenti e “rinunce”, in cinque anni, dal 2016 al 2021, i medici di famiglia sono passati da 44436 a 40769 (dati Sisac) e molti pazienti sono rimasti privi di un proprio medico di fiducia. Trend in crescita, visto che i numeri dei pensionamenti rilevati da Enpam mostrano tremila pensionamenti di medici di famiglia l’anno negli ultimi tre anni, rimpiazzati dai nuovi ingressi solo per un terzo. Eppure, secondo gli italiani, un medico non vale l’altro: a renderlo unico è il rapporto consolidato di fiducia. Tanto che, in tutti i sondaggi, la fiducia nel medico di famiglia si assesta intorno all’80%. E il 56% dei pazienti, secondo uno studio Fimmg, considera il proprio medico “speciale”.
La “fuga” dei medici dal Servizio sanitario nazionale è una condizione strutturale di lungo periodo, le cui ricadute sono però esplose proprio in fase pandemica. Secondo l’indagine condotta quest’anno dall’Istituto Piepoli per Fnomceo, lo stato di salute psico-fisica dei medici è peggiorato durante l’emergenza Covid: il 71% ha avvertito una crescita di stress, mentre 1 su 10 ha addirittura riscontrato problemi di salute che prima non aveva. Al normale impegno quotidiano si sono aggiunti consulti e visite da remoto, che hanno invaso la vita privata del 58% dei medici italiani, 3 su 4 dei quali non riescono più ad andare in ferie o anche solo a garantirsi un adeguato tempo per la vita personale.
Tanto che un medico italiano su tre, potendo, andrebbe subito in pensione. E, a sognare di dismettere il camice bianco è proprio la “fetta” più giovane della Professione: il 25% dei medici tra i 25 e 34 anni e il 31% di quelli tra i 35 e i 44 anni.
A questo si aggiungono gli stipendi non adeguati: secondo uno studio Sumai – Assoprof siamo il terzultimo Paese in Europa sul fronte delle remunerazioni dei medici, davanti solo a Portogallo e Grecia. La Spagna, quartultimo Paese della classifica, offre ai propri professionisti ben 35mila euro lordi in più all’anno. E poi l’aziendalizzazione, che considera i medici come fattori produttivi e i pazienti come voci di spesa.
“Credo che il riconoscimento del ruolo etico e sociale della professione medica e delle professioni sanitarie e il riconoscimento economico vadano di pari passo – spiega il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – siano due facce della stessa medaglia. In questi ultimi anni, prima della pandemia, c’è stato un progressivo svilimento del ruolo del medico, visto – dalla politica ma anche dai cittadini – come “super tecnico”, come “prestatore d’opera”. Un modello aziendalistico della sanità dove si privilegiavano gli equilibri di bilancio agli obiettivi di salute”.
“La scarsa attrattività del Servizio sanitario nazionale – spiega il Presidente della Fnomceo Filippo Anelli – potrebbe avere conseguenze drammatiche: se è vero che un medico su tre vuole abbandonare il Servizio sanitario nazionale, tra pensionamenti e dimissioni potremmo trovarci, tra cinque anni, con un “buco” di centomila medici”.
“In questi anni il Fondo sanitario nazionale è cresciuto di 14 miliardi – aggiunge Anelli – e altri 15 sono stati previsti dal Pnrr. Ma neanche un euro è stato destinato ai professionisti, che sono la spina dorsale del servizio sanitario. Non servono solo risonanze magnetiche e Tac, serve anche chi le fa funzionare e chi sa leggerne gli esiti”.
Ma la campagna Fnomceo non si limita alla denuncia. Vuole andare oltre, perché non si tratta di una situazione irreversibile, dato che nonostante le difficoltà i medici non abbandonano i propri pazienti. “I cittadini lo sanno che, quando serve, un medico può salvarti la vita” – recita lo spot, che poi invita a restituire “un ruolo e visibilità ai nostri medici”.
Affinché i medici cessino di essere come l’Uomo Invisibile, occorre però sostenere “il Servizio sanitario nazionale con più risorse e più personale, per garantire la salute di tutti”. Un chiaro appello alla politica affinché riporti la sanità pubblica al centro dell’agenda.
“Sempre più medici lasciano il SSN perché questa professione sta perdendo attrattività – conclude Anelli – anche a causa dei carichi di lavoro, di un aumento del burnout e una retribuzione tra le più basse in Europa. Eppure, senza medici, senza professionisti sanitari non può esserci un efficiente Servizio sanitario nazionale. È questo l’invito che rivolgiamo al Governo: investiamo sui professionisti, mettiamo più risorse, diamo loro più peso nelle decisioni nella gestione della sanità. Solo così potremo conservare il nostro Servizio sanitario nazionale”.
Ufficio Stampa Fnomceo
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