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Lorenzo Martellone, Luca Lucentini, Daniela Mattei, Massimo De Vincenzo, Gabriele Favero, Sara Bogialli, Lucio Litti, Moreno Meneghetti, Fabiana Corami, Beatrice Rosso
2021, iii, 39 p. Rapporti ISTISAN 21/2
Le microplastiche rappresentano contaminanti ambientali “emergenti” ampiamente diffusi negli ambienti acquatici e da tempo studiati per i possibili effetti sulla salute umana e animale. Possono appartenere a polimeri molto diversi tra loro e presentano una eterogeneità dimensionale, come sottolineato dalla definizione che l’ECHA ha nel 2019, “dimensioni comprese tra 1 nm ≤ x ≤ 5 mm o per fibre di lunghezza compresa tra 3 nm ≤ x ≤ 15 mm, con rapporto lunghezza/ diametro > 3”. I metodi per il loro campionamento e il pretrattamento necessario per la loro corretta identificazione e quantificazione riflettono questa eterogeneità dimensionale. In relazione alla tipologia e alla destinazione d’uso delle acque, il campionamento può essere effettuato raccogliendo direttamente l’acqua in contenitori adatti o filtrando l’acqua in situ. Quest’ultima soluzione, la più impiegata per la possibilità di filtrare volumi d’acqua elevati, soprattutto per acque destinate al consumo umano, prevede l’utilizzo di specifiche reti per il campionamento o sistemi di filtrazione specifici attraverso i quali l’acqua viene convogliata tramite una pompa o mediante un tubo collegato al rubinetto. I metodi di pretrattamento più comuni prevedono ulteriori filtrazioni, un’estrazione per separare le microplastiche dagli interferenti e una digestione per rimuovere il contenuto organico e biologico presente nel campione.
Parole chiave: Microplastiche; Acqua; Ambiente; Analisi del rischio