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di Diego Celi
Pochi giorni fa Roberto Battiston, fisico di fama mondiale che monitora i dati sui contagi in base a modelli epidemiologici, ha dichiarato che in Veneto il COVID-19 rischia di andare fuori controllo. Lo studio riferito riguarda la Regione Veneto, ma è intuibile che il problema può riguardare tutte le altre Regioni. È venuto meno l’ancoraggio delle decisioni politiche al metodo scientifico. L’originale ricerca sulla diffusione della epidemia a Vo Euganeo, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature, aveva fornito dati fondamentali per impostare una strategia di contenimento dei contagi. Ad certo punto si è però deciso di mettere in secondo piano la ricerca scientifica, affidandosi a metodi e tecnologie empiriche e scommettendo sulla spontanea scomparsa del virus. Si è così rinunciato a organizzare un serio e affidabile sistema di tracciamento che, avrebbe giocato d’anticipo sulla diffusione dell’infezione, limitando le ospedalizzazioni (vulnus del sistema). Altro scollegamento è rappresentato dalla perdita di coesione sociale che è stata determinante e che ha lasciato campo libero alla responsabilità individuale. Quando si interiorizza oltre ogni limite la logica del mercato e delle libertà individuali, si perde di vista non solo l’interesse collettivo, ma anche la dimensione organizzativa. Chi governa dovrebbe avere questo concetto ben chiaro!
Succede che gli attori politici non sono posseduti da questa visione, nè hanno mostrato consapevolezza di questo concetto, al contrario hanno pensato solo ad essere piacioni per accumulare consenso. Non hanno capito costoro, che tale atteggiamento ha inficiato la credibilità e l’autorevolezza della politica. I cittadini non li considerano più affidabili. L’assenza di coerenza esprime la dissociazione radicale tra ciò che si dice pubblicamente e ciò che si fa concretamente. Lo scenario giornaliero ci mette davanti ad un film di basso livello con immagini di “capi” e non di “leader”. È il risultato della evaporazione dei partiti politici organizzati, radicati nel territorio e socialmente rappresentati, a cui sono subentrati partiti personali, del capo o del guru, a seconda dei vari soggetti in campo. La pandemia in corso è un evento epocale, che ha visto il mondo impreparato. Era prevedibile ma non prevenibile? Sono stati commessi tanti errori per impreparazione e incompetenza (mancanza di piano pandemico, paura di scelte rigorose, inadempienze), ma oggi non è più possibile sbagliare perchè le conseguenze sarebbero catastrofiche e i rimedi incerti e inefficaci. Da ciò scaturisce l’impellenza di un patto sociale che armonizzi salute ed economia: uomini e non ominicchi vanesi e autoreferenziali debbono guidare il Paese per non farlo precipitare in una tragica condizione senza speranza. Gli indicatori sociali ed economici sono foschi per tutto il Paese, ma i dati ISTAT e Swimez per l’Isola sono catastrofici. La Sicilia dei 5 milioni di abitanti non esiste più, a Palermo i giovani sono 91 mila (14% della popolazione), sono certificati 48 mila analfabeti. Di lavoro è inutile discutere: la Sicilia è fanalino di coda perchè a fronte di un potenziale di forza lavoro che si attesta su un milione 981 mila unità, in cerca di occupazione sono 508.893 (ultimo posto in Italia per occupati, dietro Calabria e Campania) nonostante siano stati inventati da menti raffinatissime “i navigator”. Sembra il dopoguerra, ma in quel periodo uomini e donne (guidati da politici lungimiranti) si rimboccarono le maniche e stipularono un patto sociale.