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LA PANDEMIA non colpisce solo il corpo, ma anche la mente.
E’ sotto lo sguardo di tutti. Siamo in profonda difficoltà.
Gli esperti la definiscono ‘la tempesta perfetta’: per i suoi effetti sulla salute, le abitudini sociali e l’economia… una vera e propria sindemia.
Le ripercussioni economiche, emotive e culturali stanno agendo come un attivatore del malessere psichico. Ed è un male che non sembra guardare in faccia nessuno e che colpisce sia chi ha avuto il Covid sia chi invece non si è ammalato.
Il 29 gennaio del 2021 è stato pubblicato il XXII congresso nazionale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia che ci riporta una fotografia davvero allarmante.
Il 32% di chi è venuto in contatto col virus sviluppa sintomi depressivi, un’incidenza fino a cinque volte più alta rispetto alla popolazione generale (con un’incidenza di sintomi depressivi che cresce dal 6 al 32%). La sindemia da Covid-19 e disagio psichico riguarda anche chi non è stato toccato direttamente dal virus: fra i familiari dei pazienti deceduti, almeno il 10% andrà incontro a depressione entro un anno, anche a causa delle regole di contenimento del contagio che hanno impedito a molti di poter elaborare il dolore, rivedendo un’ultima volta il congiunto per l’estremo saluto.
La crisi economica provocata dalla pandemia ha incrementato a sua volta il disagio mentale in tutta la popolazione: il rischio di depressione raddoppia in chi ha un reddito inferiore ai 15.000 euro all’anno e triplica in chi è disoccupato.
Si stima che saranno almeno 150.000 i nuovi casi di depressione dovuti alla disoccupazione da pandemia, ma la situazione potrebbe perfino peggiorare perché tutte le condizioni di fragilità sanitaria, emotiva, sociale che si stanno creando nel Paese non sommano, ma moltiplicano esponenzialmente le loro conseguenze negative sul benessere psicofisico della popolazione.
Il vaccino ha sicuramente riaperto una speranza nelle nostre vite, ma siamo in molti a renderci comunque conto che il cammino verso la “normalità” sarà lungo.
Lo stato di emergenza, le restrizioni alla socialità e al lavoro si stanno prolungando, abbiamo quasi annullato la possibilità di programmarci un futuro, i giovani e i bambini sono in grave difficoltà, siamo un po’ tutti sull’orlo di una crisi di nervi.
Sono subentrati esaurimento, stanchezza, rabbia.
Più toccate dalle ripercussioni sociali e lavorative del Covid-19 sono le donne, più degli uomini infatti sono state costrette a lasciare l’impiego, e più degli uomini stanno sopportando il carico doppio del lavoro e della cura della famiglia durante i lockdown più o meno rigidi che si sono susseguiti nell’ultimo anno (affiancamento nella DAD compresa).
Ma anche i giovani hanno visto modificarsi la loro vita di relazione e patiscono gli effetti della crisi sull’occupazione e la possibilità di entrare nel mondo del lavoro. Purtroppo si stima un attuale aumento drammatico del 20% di suicidi.
Alcuni studi stanno riportando conclusioni piuttosto allarmanti sugli effetti dell’isolamento causato dal coronavirus per bambini e adolescenti, evidenziando una forte associazione tra solitudine e depressione nei giovani, sia nell’immediato sia sul lungo termine
” Man mano che si svilupperanno le conseguenze economiche del blocco, quando i congedi si trasformeranno in licenziamenti, gli ammortizzatori sociali scadranno e la recessione avrà effetto, riteniamo che sia ragionevole aspettarsi non solo sofferenze prolungate e deterioramento clinicamente significativo della salute mentale per alcune persone, ma l’ emergere di effetti a lungo termine ben descritti della recessione economica sulla salute mentale, inclusi l’aumento dei tassi di suicidio e i ricoveri ospedalieri per malattie mentali” (Pierce et al, 2020).
Lo studio si conclude con la raccomandazione di continuare a mantenere alta la soglia di attenzione nei prossimi anni per capire a fondo l’impatto del covid-19 sulla salute mentale di bambini e adolescenti, e rafforzare i servizi di salute mentale nell’eventualità di un’ondata di casi di depressione.
Gli stessi operatori sanitari, travolti dallo tsunami covid, hanno già espresso importanti segni di cedimento psichico.
Siamo quindi di fronte a una sindemia di proporzioni senza precedenti, e per reagire bisogna ripensare all’assistenza e alle cure delle persone. Ma bisogna essere lungimiranti e non intervenire solo sull’urgenza.
Dobbiamo iniziare a prevedere spazi, tempi, strategie in cui mettere al centro il nostro benessere psichico, non solo ricorrendo all’uso di farmaci, ma mettendo insieme tutte le idee praticabili che possano nel tempo aiutarci a recuperare il necessario benessere psichico.
Anche la Sanità, pur travolta dal Covid deve assolutamente trovare strategie adeguate per la sofferenza mentale.
La prima ondata della pandemia di coronavirus ha ridotto le attività dei servizi di salute mentale nel nostro Paese per cui il 20% dei Centri ambulatoriali è rimasto chiuso e il 25% ha ridotto gli orari di accesso. Lo sottolineano i dati di uno studio della Società Italiana di Psichiatria (SIP) pubblicato su Bmc Psychiatry e presentato in occasione dell’inaugurazione della prima conferenza italiana dei Direttori di DSM.
La fotografia scattata da Sip durante la prima ondata della pandemia conferma che l’emergenza Covid ha ridotto le attività dei servizi della salute mentale in Italia: le visite psichiatriche programmate, sia a domicilio sia nello studio, sono state garantite solo per i pazienti più gravi, in molti casi sono state sostituite da colloqui a distanza. Tutte le attività hanno avuto una significativa diminuzione, come i consulti psichiatrici ospedalieri (-30%), le psicoterapie individuali (-60%), le psicoterapie di gruppo e gli interventi psicosociali (-90/95)
Il numero dei posti letto negli SPDC degli ospedali è sceso del 12%, a causa della conversione in unità per pazienti positivi al Covid, o per garantire una maggiore distanza fisica per i pazienti.
L’Italia da oltre vent’anni non investe una quota adeguata del suo budget sanitario per la salute mentale. Nel 2001 i presidenti delle Regioni si sono impegnati a destinare almeno il 5 per cento dei fondi sanitari regionali alla sua tutela. Da allora quell’obiettivo non è mai stato raggiunto: la media nazionale è inchiodata ancora oggi a poco più del 3,5 per cento.
E’ necessario prendere atto della situazione e decidere come ripartire.
Le emergenze sono tante e diverse in questo momento, ma senza salute mentale non ci potrà essere ripresa e per parlare di rinascita dell’economia del Paese, per discutere di sviluppo e di futuro, è necessario che gli italiani siano in condizioni fisiche e mentali che consentano di affrontare le sfide della ripartenza.
La gravità della crisi ci sta offrendo però l’opportunità di un cambiamento radicale: iniziare a ragionare e decidere su tempi più lunghi anche creando un sistema che permetta di coinvolgere la popolazione nell’esame dei possibili scenari.
Giovanni Gutamo