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di Marinella Ruggeri
È bastato levare l’obbligo del green-pass e soprattutto delle mascherine, per aumentare la carica virale ovunque. Tanti soggetti positivi e anche con qualche sintomo neanche si denunciano, tanto non serve! Così possono liberamente uscire e contaminare, specie nei posti affollati, supermercati, feste etc.
La curva è calata: ma Omicron circola ancora. E dilaga il fenomeno dei positivi sommersi: ovvero coloro che pur risultando positivi ai test casalinghi non lo dicono per andare a lavoro o partecipare a eventi. È la situazione descritta da Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma: «In molti non fanno il tampone anche se hanno sintomi, o se sono positivi dopo il test fatto in casa, spesso inattendibile, non lo dichiarano. In questo modo il virus si diffonde inesorabilmente».
Per Ciccotti, dunque, è ancora troppo presto per lasciare le mascherine a casa. E sulle polemiche che riguardano gli studenti costretti a portare le mascherine anche alla maturità non ha dubbi: «Sono polemiche inutili. Cosa succede se dentro quella classe uno studente risulta positivo? Si rischia di mandare all’aria l’intero esame. Sinceramente non ne vedo la necessità. Così come consiglierei a tutti di continuare a proteggersi nelle situazioni che prevedono affollamento: supermercati, mezzi pubblici, aerei.
La mascherina va usata quando serve, vedo tante persone che hanno mascherine in tasca e nelle borsette che risalgono anche al mese precedente, sempre la stessa sporca e inutile. Il problema non è avere la mascherina ma usarla come reale strumento di protezione.
A fronte della maggiore contagiosità della variante Omicron del Covid, chi dovrebbe continuare a indossarla anche in mancanza di obbligo? Sicuramente le persone fragili, le persone molto anziane e ha un senso mantenere l’utilizzo facoltativo con forti raccomandazioni in alcuni contesti.
Il professore e direttore Sanitario dell’Ircss Istituto Ortopedico Galeazzi Milano, dr Pregliasco, teme insomma che la “libera uscita” dai divieti unita alla prima stagione delle vacanze senza pesanti limitazioni dal 2019 possa contribuire a fare innalzare di nuovo la curva dei contagi.
Dice ancora il virologo: «Magari bisognerà fare qualche restrizione: è possibile che si debba reintrodurre l’obbligo di mascherina in qualche caso», sottolineando che una vaccinazione dopo l’estate «sarà una vaccinazione raccomandata, nelle stesse modalità del vaccino antinfluenzale». I fragili che l’hanno già fatta «in autunno faranno un richiamo perché dopo quattro mesi stiamo vedendo che si verifica un calo della protezione», conclude.
Come si legge nel sito del governo si ricorda che fino al 15 giugno “è raccomandato indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie in tutti i luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico”.
L’Ordinanza dispone l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, incluse le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistite (Rsa), gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque tutte le strutture residenziali.
Il provvedimento individua anche delle situazioni specifiche in cui è fatto obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo Ffp2. Nelle scuole non sono cambiate le disposizioni.
Sono esonerati dall’obbligo di indossare la mascherina: chi sta svolgendo attività sportiva, i bambini di età inferiore ai sei anni, chi soffre di patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina.
Mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o in assenza con soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani.
Evitare i luoghi affollati, gli ambienti chiusi con scarsa ventilazione e la distanza ravvicinata.
Garantire una buona ventilazione di ambienti chiusi, inclusi abitazioni e uffici.
Evitare abbracci e strette di mano. Starnutire e tossire in un fazzoletto. Evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva. Non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani.
Pulire le superfici con acqua e sapone o comuni detergenti neutri per rimuovere lo sporco e poi disinfettarle con soluzioni a base di ipoclorito di sodio (candeggina/varechina) o alcol adeguatamente diluite.
Non assumere farmaci antivirali e antibiotici, se non prescritti dal medico.
Se si presentano sintomi come febbre, tosse o difficoltà respiratorie: restare in casa, non recarsi al pronto soccorso o presso gli studi medici ma telefonare al medico di famiglia, al pediatra o alla guardia medica.
Se non continuiamo ad applicare queste regole ormai acquisite, faremo aumentere ancora il numero di pazienti che possono sviluppare Long-Covid con tutte le conseguenze del caso.
Mi occupo direttamente del tema già da maggio 2021 e vedere che ancora oggi, tutto quello che è stato comunicato non si accoglie con il necessario senso di responsabilità, mi preoccupa come medico e come cittadina.
In questi giorni, sta girando nei giornali la testimonianza dell’infermiera di Codogno:
Ero sana, la malattia mi ha travolto come uno tsunami». Si parla ancora poco degli effetti del Long Covid, ma chi l’ha vissuto racconta di un vero e proprio incubo. Tra questi, c’è Rosa Carpentiero, infermiera di 34 anni, contagiata nel marzo 2020 e ancora alle prese con gli effetti della malattia. Ha lavorato in prima linea, così come tutti gli operatori sanitari, e si è contagiata quasi subito. Lavorava nella stessa azienda ospedaliera di Mattia Maestri, il 38enne di Codogno riconosciuto come “paziente 1” in Italia.
Potrebbe bastare, a, ricordarci che proteggersi oggi significa non solo applicare un senso civile di responsabilità per noi e per gli altri, ma anche, prevenire situazioni simili a quella descritta.