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La diciassettesima edizione del Rapporto Meridiano Sanità1 apre una riflessione sulla sostenibilità della sanità del nostro Paese alla luce delle dinamiche demografiche in atto e del contesto socio-economico atteso. L’attuale modello di finanziamento sarà sufficiente per garantire ai cittadini italiani l’offerta di prestazioni e servizi sanitari attuale? Lo scenario globale di grande incertezza e instabilità economica e geopolitica, la crisi energetica e l’aumento dell’inflazione hanno portato a un forte rallentamento della ripresa economica in atto in Italia. Minore crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) ed elevati livelli di indebitamento riducono la disponibilità di risorse da destinare alla spesa pubblica, a partire dalla sanità. In aggiunta al contesto economico, l’Italia sta vivendo un “inverno demografico” senza precedenti, con una popolazione che invecchia progressivamente per il combinarsi di due dinamiche, da un lato l’aumento dell’aspettativa di vita alla nascita (82,5 anni, +2,5 anni negli ultimi 20), dall’altro la diminuzione del tasso di natalità (6,8 per 1.000 abitanti rispetto ai 9,4 del 2002). Nel 2022 la popolazione italiana si è ridotta a 59 milioni di abitanti, in calo del 2,3% rispetto al picco raggiunto nel 2014 (60,4 milioni di abitanti). Gli over-65 rappresentano ormai il 23,8% della popolazione italiana (+105.000 in un solo anno), con conseguenze importanti sulla sostenibilità del sistema previdenziale e sanitario. Attualmente, quasi 9 over-75 su 10 sono affetti da almeno una patologia cronica e 1,2 milioni di over-65 vivono soli senza una rete sociale di supporto. Le ultime previsioni demografiche di Istat mostrano una situazione destinata ad aggravarsi: nel 2050 oltre un italiano su tre avrà un’età pari o superiore ai 65 anni (36,7%, +12,9 p.p. rispetto al 2022) e l’indice di dipendenza degli anziani, vale a dire il rapporto percentuale tra la popolazione over-65 e quella in età attiva, aumenterà dall’attuale 37% al 70%. L’incremento dell’età media della popolazione, insieme ai fattori di rischio comportamentali – fumo, sedentarietà e alimentazione scorretta – e quelli ambientali – cambiamenti climatici e inquinamento – porterà a un aumento delle prevalenze delle patologie ad alto impatto (in primis tumori e malattie cardiovascolari) e a una spesa sanitaria pubblica più alta, legata ai bisogni di salute.
Il modello previsionale di spesa di Meridiano Sanità stima una spesa sanitaria pubblica al 2050 pari a 220 miliardi di euro (rispetto ai 134 miliardi di euro attuali). In termini percentuali, si tratta di un’incidenza sul PIL del 9,5%2 rispetto al 7,2% del 2021, un valore quest’ultimo ampiamente inferiore alla media dei principali Paesi europei, pari all’8,5%. Dal confronto con altri Paesi europei comparabili, emerge il perdurare di un sottofinanziamento della sanità pubblica italiana sia in termini di percentuale rispetto al PIL sia in termini di spesa pro capite. Anche se negli anni della pandemia, che ha contribuito a diffondere nei cittadini e nei decisori politici una maggiore consapevolezza sul valore della salute quale driver di crescita economica e sociale, il livello di finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale è cresciuto (+6,1% tra il 2020 e il 2021 e +4,9% tra il 2021 e il 2022, rispetto al +1% medio annuo del periodo pre-pandemia), anche nel 2022 il differenziale tra budget e spesa a consuntivo è stato pari a 9,6 miliardi di euro. Le risorse aggiuntive previste dalla Legge di Bilancio 2023 per la sanità pubblica, pari a 2,15 miliardi di euro per il 2023, 2,3 miliardi nel 2024 e 2,6 miliardi nel 2025, appaiono ancora insufficienti. La riduzione della popolazione porterà a un calo dei lavoratori, e di conseguenza a una riduzione delle entrate pubbliche dello Stato derivanti dai contributi dei lavoratori che sono indispensabili per finanziare la spesa pubblica e di conseguenza anche la sanità. Considerando il tasso di occupazione e l’età di pensionamento attuali si avrebbe una riduzione della forza lavoro di 3,9 milioni di occupati da qui al 2050. Si apre quindi una riflessione sulla sostenibilità economica dell’attuale modello di finanziamento del sistema sanitario, che si basa soprattutto sui cittadini in età attiva che, lavorando, contribuiscono a generare ricchezza economica e pagano le tasse. A parità di altre condizioni, infatti, l’onere di spesa in capo al singolo lavoratore raddoppierebbe, passando da 5.807 a 11.468 euro, minando la tenuta del nostro sistema sanitario. Appare essenziale e urgente quindi una riflessione sulle politiche e gli interventi da attuare al fine di garantire la sostenibilità economica del sistema sanitario a partire da cinque leve prioritarie su cui si potrebbe agire, vale a dire: – l’età pensionabile, oggi pari a 67 anni; – il tasso di occupazione, oggi pari al 61,6%; – il tasso di natalità, oggi pari a 58 nuovi nati ogni anno per 1.000 donne in età fertile; – i flussi migratori, oggi pari a circa 120.000 individui all’anno; – la pressione fiscale sugli individui in età lavorativa, oggi pari al 29,7%.
Azioni diverse e combinate su tali leve permettono di delineare 6 diversi scenari di simulazione:
– Scenario 1: aumento della pressione fiscale sugli individui in età lavorativa;
– Scenario 2: aumento significativo dei lavoratori immigrati;
– Scenario 3: aumento del tasso d’occupazione;
– Scenario 4: aumento dell’età pensionabile fino al punto di equilibrio;
– Scenario 5: aumento dell’età pensionabile ipotizzando la crescita del tasso di occupazione alla media dei top-5 UE;
– Scenario 6: azione coordinata su tutte le leve disponibili.
Come è lecito aspettarsi, l’azione su una sola delle leve disponibili non è sufficiente a raggiungere l’obiettivo di mantenere costante, al 2050, il contributo del singolo occupato alla spesa sanitaria. Ad esempio, se si aumentasse la pressione fiscale sugli individui in età lavorativa lasciando invariati rispetto ad oggi la forza lavoro potenziale, il tasso di occupazione, l’età pensionabile, i flussi migratori e il peso della spesa sanitaria sulle entrate fiscali, la pressione fiscale dovrebbe aumentare di 28,9 p.p., ipotesi irrealizzabile dal momento che implicherebbe un raddoppio della tassazione, già oggi superiore alla media UE-15 (27,8%). Allo stesso modo, se si agisse sulla leva immigrazione lasciando invariati rispetto ad oggi il tasso d’occupazione e l’età pensionabile, l’Italia avrebbe bisogno di 18,7 milioni di occupati immigrati addizionali, un numero 8 volte superiore rispetto ai lavoratori immigrati di oggi. Diventa dunque indispensabile adottare una strategia integrata e coordinata agendo congiuntamente su tutte le leve. Ad esempio, un possibile mix di equilibrio è dato dall’allineamento ai livelli dei primi cinque Paesi europei del tasso di natalità (76 nuovi nati ogni anno per 1.000 donne in età fertile) e del tasso di occupazione (86%), dall’aumento dell’età pensionabile mantenendo costante il divario attuale in anni tra aspettativa di vita ed età pensionabile (72 anni), e dalla capacità di attrarre 6,9 milioni di lavoratori immigrati aggiuntivi (3 volte i livelli attuali) in settori qualificati, caratterizzati da alta produttività e alti salari. Ciò significa promuovere politiche di incentivazione alla natalità, in primis congedi parentali e piani asili nido, e di supporto all’occupazione (tra cui riduzione dello skill mismatch, riforma dei Centri per l’impiego, politiche a sostegno dell’occupazione femminile), adeguare l’età pensionabile e, in ultimo, attrarre capitale umano dall’estero soprattutto nei settori ad alto tasso di ricerca e innovazione, produttività e occupazione qualificata, come quello farmaceutico e biomedicale. Senza interventi urgenti e significativi, il nostro SSN non potrà continuare a garantire ai cittadini lo stesso perimetro di prestazioni e la sua universalità.
Si dovrebbe quindi immaginare una rimodulazione dei cosiddetti LEA, e una riconfigurazione verso il modello cosiddetto “misto” con un peso maggiore della componente privata. Va aggiunto che la fotografia del contesto socio-economico del Paese, con bassi livelli di occupazione (61,6% in età 15-64 anni), un numero crescente di persone che vivono in povertà (circa 5,6 milioni di individui) e grandi divari di reddito (in termini di PIL pro capite, ci sono 26.300 euro tra la Regione più ricca e quella più povera), rischia di alimentare la forte disomogeneità nell’accesso ai servizi e alle prestazioni sanitarie e le condizioni di non equità. Accanto agli scenari sopra delineati resta aperto il grande tema del personale del sistema sanitario – caratterizzato oggi da un’età media avanzata, da salari nettamente inferiori a quelli dei principali Paesi europei e in numero insufficiente a soddisfare i bisogni di salute di una popolazione che invecchia. Il protrarsi del blocco delle assunzioni dell’ultimo decennio, infatti, ha determinato l’innalzamento dell’età media del personale al punto che oggi il 58,7% dei medici e il 47% degli infermieri italiani hanno più di 50 anni. Se lo sblocco del turnover dal 2019 e l’incremento delle borse per le scuole di specializzazione (e per i corsi specifici per la formazione in medicina generale), nel breve periodo riusciranno a compensare i pensionamenti, nel medio-lungo periodo, anche per dare attuazione alla Riforma dell’assistenza territoriale (DM 77/2022) nell’ambito del PNRR, sarà necessario aumentare di circa il 50% il numero degli operatori sanitari per rispondere alla domanda crescente di servizi sanitari. Per mantenere lo stesso rapporto operatore sanitario/ cittadini over-65 nel 2050, infatti, l’Italia dovrebbe avere 139.050 infermieri, 54.158 medici ospedalieri e 21.910 MMG in più, con un ulteriore aumento del fabbisogno di spesa sanitaria pubblica al 2050 stimato in 9,4 miliardi di euro ai salari attuali, o in 21,3 miliardi se si allineassero i salari italiani alla media attuale dei top-3 Paesi europei Germania, Francia e Spagna, rendendo il nostro mercato del lavoro più competitivo e attrattivo nel panorama internazionale.
“La pandemia nella sua tragicità ha rimesso la salute al centro dell’agenda politica, ma anche economica e sociale, e oggi, superata la fase emergenziale, dobbiamo guardare oltre e risolvere le criticità strutturali che l’emergenza ha portato alla luce con ancora maggiore evidenza.” (Orazio Schillaci – Ministro della Salute, 17° Forum Meridiano Sanità, 9 novembre 2022).
LE PROPOSTE DI MERIDIANO SANITÀ 2022 Per rispondere agli scenari delineati e affrontare le sfide della sanità, il XVII Rapporto Meridiano Sanità individua 4 linee di intervento prioritarie:
– Continuare a investire nella Salute con un approccio intersettoriale (incentivazione alla natalità, maggiore partecipazione al mercato del lavoro, attrattività di capitale umano dall’estero, adeguamento dell’età pensionabile) e aumentare in maniera strutturale le risorse economiche per la Sanità portandole, nel breve periodo, almeno al 7% del PIL e arrivando a investire fino al 9% nel mediolungo termine (pari all’incidenza media della spesa sanitaria su PIL di Germania, Francia e Spagna).
– Dare piena attuazione ai progetti della Missione “Salute” del PNRR al fine di rendere il sistema sanitario più resiliente, accompagnando il rafforzamento infrastrutturale del sistema (ammodernamento degli ospedali e riorganizzazione della rete del territorio) con il potenziamento dell’organico del SSN e la transizione digitale.
– Adottare programmi e strategie che permettano all’Italia di affrontare e vincere le sfide di salute che si prospettano puntando su Prevenzione – primaria e secondaria – e Innovazione in grado di creare Valore per i cittadini e l’intero sistema.
– Promuovere il principio della “Salute in tutte le politiche”, considerando gli impatti diretti e indiretti che i determinanti socio-economici e ambientali hanno sulla salute degli individui, favorendo in primis la convergenza tra la politica sanitaria e la politica industriale del Paese.
RIFERIMENTI, NOTE E TABELLE:
1 Meridiano Sanità è il think tank di The European House – Ambrosetti, fondato nel 2005, che elabora riflessioni strategiche e stimola il dialogo sul futuro della sanità nel nostro Paese e individua azioni di miglioramento del nostro sistema sanitario. I contenuti di questa Lettera sono riconducibili alle attività e alle analisi di Meridiano Sanità 2022. Meridiano Sanità 2022 è stato realizzato grazie al contributo non condizionante di Amgen, bioMérieux, MSD, Pfizer e Sanofi.
2 Valore stimato utilizzando il tasso di crescita di medio periodo previsto dall’OCSE a ottobre 2022 pari all’1,1 %.