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di Matteo Pennisi
La stenosi del canale vertebrale del tratto lombare è una condizione degenerativa del rachide responsabile spesso di sintomatologia dolorosa con irradiazione ed importanti limitazioni funzionali agli arti inferiori. La prima descrizione è dovuta ad Antoine Portal, nel 1803, mentre la malattia ha conosciuto la sua definizione definitiva con Verbiest negli anni 50.
Verbiest ha descritto la condizione ed ha anche stabilito dei valori di riferimento, definendo come canale stenotico un canale spinale con diametro sagittale mediano inferiore a 12 mm. In condizioni normali il diametro antero-posteriore dovrebbe misurare normalmente 15 mm. Si parla di stenosi relativa se riscontrati valori compresi tra 10 e 13 mm, stenosi assoluta per valori tra 7 e 10 mm, grave stenosi per valori inferiori a 7 mm.
L’incidenza va dall’1,7% all’9% circa dai sessanta anni in poi, è più comune nel sesso maschile ed è favorita dai sovraccarichi lavorativi e sportivi usuranti.
A livello lombare un restringimento del canale vertebrale è generalmente dovuto a fenomeni artrosici produttivi (ipertrofia dei massicci articolari, osteofiti), ad ispessimento dei legamenti gialli (strutture anatomiche che collegano posteriormente le lamine vertebrali e delimitano posteriormente il canale vertebrale) ed a protrusioni del disco intervertebrale, dalle più semplici alle vere e proprie ernie del disco.
Nel caso in cui (il più comune) tutte e tre i meccanismi siano coinvolti si parla di stenosi “mista”.
Altre cause possono essere i postumi di eventi traumatici, esiti di flogosi o di trattamenti chirurgici e le malattie sistemiche e tumorali ossee.
Naturalmente le condizioni iniziali del canale in termine di dimensioni possono condizionare l’insorgenza dei sintomi, in quanto nei soggetti con un canale congenitamente più piccolo la sintomatologia dovuta ai fenomeni compressivi può insorgere più precocemente.
A livello lombare basso generalmente non è più presente il midollo spinale, che si ferma solitamente tranne qualche eccezione a livello del disco intervertebrale tra L1 e L2, quindi comunemente al di sotto di questo limite il progressivo restringimento può generare fenomeni compressivi sulle radici con insorgenza di dolore, debolezza, parestesie e limitazione funzionale della deambulazione agli arti inferiori. Nel caso in cui la stenosi si avveri dove ancora vi è la persistenza del midollo possono presentarsi i sintomi tipici della compressione midollare.
L’espressione più classica è la cosiddetta “pseudoclaudicatio intermittens”, cioè la necessità di interrompere la deambulazione dopo brevi tratti per comparsa di stanchezza, debolezza, crampi e dolore con la necessità di fermarsi per riposare. Dopo la sosta il soggetto riesce a percorrere un ulteriore tratto e così via, da qui il nome della sindrome. Spesso il soggetto trova sollievo assumendo una posizione di flessione del tronco in avanti, posizione che consente una riduzione della compressione sulle strutture nervose. Per questo motivo la sintomatologia in genere si attenua in salita, condizione in cui si tende a mantenere una flessione del tronco in avanti.
In altri casi invece la manifestazione principale è quella tipica della lombosciatalgia o della lombocruralgia, a seconda se il livello della compressione dovuta alla stenosi si ponga più in alto o più in basso coinvolgendo quindi radici diverse, in un caso quelle del nervo crurale e nell’altro quelle del nervo sciatico.In questi casi la sintomatologia è simile a quella generata dalla compressione sulle radici da parte della classica ernia del disco.
La diagnosi differenziale deve escludere la possibilità di una genesi di origine vascolare, anche questa causa di una claudicatio intermittens. Comunemente in caso di patologia vascolare il paziente presenta più difficoltà in salita, mentre nella forma spinale pura il soggetto riferisce maggiori difficoltà in discesa, in quanto la posizione del tronco durante la marcia in discesa favorisce come già detto la compressione sulle strutture nervose. Inoltre utilizzando la cyclette il soggetto affetto da patologia vascolare soffre un affaticamento progressivo fino alla necessità di interrompere la pedalata, evento che solitamente non si verifica nella stenosi ossea.
La diagnosi si pone sulla storia clinica, spesso caratteristica, una visita accurata che analizzi riflessi, sensibilità, mobilità, presenza di ulteriori patologie associate, e sugli esami diagnostici, principalmente TAC , risonanza magnetica ed elettromiografia.
Nella stenosi del canale è importante rilevare precocemente i primi segni di degenerazione delle strutture della colonna. In questi casi va effettuata l’identificazione degli eventuali elementi di sovraccarico (peso, posture scorrette, debolezza muscolare), o delle alterazioni posturali capaci di influire negativamente sulla biomeccanica generando un aumento dei fenomeni degenerativi (limitazioni articolari, rigidità muscolari, squilibri biomeccanici della colonna, etc.). Una volta identificati questi elementi è possibile mettere in essere una terapia riabilitativa mirata alla correzione od aggiustamento delle criticità riscontrate.
Una corretta terapia riabilitativa comprendente la rieducazione funzionale e la fisiochinesiterapia possono influire sul miglioramento delle condizioni di sovraccarico e di eventuale squilibrio posturale che contribuiscono ai fenomeni degenerativi del disco e dei tessuti molli ed alla degenerazione artrosica produttiva responsabili del restringimento. Alcuni pazienti possono trarre vantaggio dall’utilizzo di un busto lombare personalizzato.
Una volta verificatisi i fenomeni degenerativi non è più possibile naturalmente un ripristino delle condizioni precedenti, quindi un buon trattamento in fase precoce può rappresentare un buon modo per prevenire o rallentare l’evoluzione di una iniziale stenosi.
In caso di avanzata stenosi sintomatica resistente nel tempo alle cure farmacologiche e riabilitative il chirurgo potrà intervenire per la decompressione mirata ed eventuale stabilizzazione.
Come sempre quindi il miglior trattamento resta la prevenzione, con l’identificazione precoce dei fattori di rischio e delle iniziali alterazioni del canale, al fine di limitare se possibile l’avanzare della stenosi e dei suoi sintomi e la successiva inevitabile necessità di cure chirurgiche invasive.