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Nell’immaginario collettivo la follia è sempre stata fortemente legata alla “pericolosità”. Pertanto, le rappresentazioni che collegano “malattia mentale” e “pericolosità” sono i principali vettori di stigma (1); ma che cos’è lo stigma? In psichiatria, lo stigma è un pregiudizio, un atteggiamento di disapprovazione nei confronti delle persone con malattie mentali (2).
La storia conferma che la figura del “pazzo” è sempre stata associata al pericolo, alla stranezza e all’imprevedibilità causando paura, rifiuto, esclusione sociale. La persona che soffre di disturbi mentali, o che abbia avuto contatti con i servizi di salute mentale, viene spesso percepita come pericolosa, violenta, potenzialmente criminale.
Nella letteratura scientifica, solo agli inizi degli anni ’80 “stato di pericolosità” e “malattia mentale” vengono considerate come due entità separate (1).
Dunque, è importante soffermarsi sulle definizioni di aggressività, violenza e pericolosità che sono spesso utilizzati in modo improprio ed intercambiabile (3).
L’aggressività è la tendenza ad attaccare gli altri, a livello verbale o fisico e può essere associata ad emozioni negative come la rabbia. La violenza è un polo estremo dello spettro aggressivo, caratterizzata da una qualità esplosiva, improvvisa e dall’uso della forza per danneggiare o distruggere un oggetto, una persona. Infine, la pericolosità è definita come la potenzialità di commettere infrazioni contro beni o persone.
Un aumento patologico dell’aggressività si può osservare nel disturbo di personalità antisociale, nel disturbo di personalità borderline, nella depressione maggiore ed in quella post-partum (comportamenti anticonservativi, infanticidio), nella fase maniacale del disturbo bipolare (quando il paziente si sente contrastato) e nella schizofrenia (in presenza di deliri e/o allucinazioni) (4).
L’aggressività la rileviamo anche nell’abuso di sostanze, per l’abbassamento della soglia aggressiva, e in sindromi organiche coinvolgenti il lobo temporale e l’amigdala.
Quindi aggressività, violenza, agiti criminosi sono peculiari della malattia mentale?
Il maggior rischio di un elevato livello di aggressività fisica interessa una piccola quota di pazienti in cui concomitano la non aderenza ai farmaci ed alla psicoterapia, abuso di alcol e droghe, scarsa integrazione sociale, pensieri o fantasie violente, danno cerebrale (1). Per dette ragioni è importante identificare il sottogruppo di pazienti a rischio e fornire loro un trattamento multidisciplinare mirato.
Per quanto concerne la violenza, un’ampia indagine condotta su 34.653 persone nella popolazione generale, ha dimostrato che il rischio di commettere atti violenti da parte di pazienti affetti da schizofrenia, disturbo bipolare e depressione, è sovrapponibile a quello delle persone che non presentano un disturbo mentale. Pertanto, la maggior parte dei ricercatori, concorda sul fatto che non vi è un nesso causale tra malattia mentale e violenza. Nel complesso quindi il comportamento violento dei pazienti con malattie mentali è un fenomeno eterogeneo, guidato da molteplici fattori interconnessi ed indipendenti (3).
Infine, per gli eventi criminosi, molti studi hanno evidenziato che tra l’87 e il 97% dei responsabili, non siano poi risultati affetti da patologie mentali. Ne consegue che il disturbo mentale non è un fattore di rischio per commettere un crimine. In definitiva, non tutte le persone malate di mente sono persone pericolose e lo stato di pericolosità non costituisce necessariamente uno stato permanente (1). Inoltre, bisogna considerare che dopo la chiusura delle strutture psichiatriche contenitive, maggiore attenzione è stata posta al potenziale pericolo cui veniva esposta la popolazione generale, piuttosto che ai pazienti psichiatrici che contestualmente rimanevano privi di luoghi “sicuri e protettivi”. Ciò ha implementato rifiuto sociale, isolamento e stigma (5).
Quali strategie è possibile adottare per un’efficace lotta allo stigma?
Sicuramente una maggiore informazione, rivolta sia al personale sanitario che alla popolazione generale, circa le caratteristiche cliniche di determinate condizioni psichiatriche, che consentirebbe di distinguerle da comportamenti criminosi. Inoltre, la comprensione della sofferenza, insita nel concetto stesso di malattia, condurrebbe ad una modifica di luoghi, atteggiamenti e parole comuni che alimentano il pregiudizio nonché una inclusione sociale di chi è affetto da mali “intangibili”.
Rebecca Juli
Medico in formazione specialistica in Psichiatria “Università degli Studi di Messina”
Prof.ssa Maria Rosaria Anna Muscatello
Responsabile U.O.C. di Psichiatria “Università degli Studi di Messina”
Università degli Studi di Messina Dipartimento BIOMORF 3aMissione |
1. Etats dangereux et troubles psychiques : images et réalités. Tassone-Monchicourt, C., Daumerie, N., et al. 2010, L’Encéphale, p. 21-25.
2. Overview of Stigma against Psychiatric Illnesses and Advancements of Anti-Stigma Activities in Six Asian Societies. Zhang, Z., Sun, K., et al. 280, s.l. : Int. J. Environ. Res. Public Health, 2020, Vol. 17.
3. Insight and psychiatric dangerousness: A review of the literature. Bonnet, S., Lacambre, N., et al. s.l. : L’Encéphale, 2016.
4. Cassano, G.B. Psicopatologia e clinica psichiatrica. Milano : UTET, 2007.
5. Severe mental illness and criminal victimization: a systematic review. Maniglio, R. 2009, Vol. 119.