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L’andamento della povertà in Italia è un vero e proprio mistero. Ma a qualcuno interessa davvero?

L’andamento della povertà in Italia è un vero e proprio mistero. Ma a qualcuno interessa davvero?

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Sei milioni di persone, pari a circa il 10% della popolazione italiana, vivono in condizioni di povertà assoluta. Di queste, il 30% proviene da famiglie in cui è presente almeno una persona straniera. Questo scenario emerge in un contesto in cui il governo vanta i successi ottenuti in termini di occupazione, affermando che si tratta dei migliori risultati mai registrati. Infatti, oggi il numero di persone con un lavoro è ai massimi storici, con un conseguente e progressivo decremento della disoccupazione. Ma come si spiega allora che l’aumento degli occupati vada di pari passo con un incremento del numero dei poveri, soprattutto al nord, dove si registrano i migliori livelli economici? È ancor più sorprendente notare che questa crescita della povertà colpisca maggiormente gli occupati piuttosto che i disoccupati.
La spiegazione di questo fenomeno è probabilmente da ricercare nei livelli retributivi, che in Italia continuano a essere molto bassi, rendendolo l’unico paese europeo in cui si osserva una diminuzione degli stipendi. Se a ciò si aggiunge il progressivo calo del potere d’acquisto, diventa chiaro come questo perverso meccanismo si amplifichi ulteriormente.
Una possibile chiave di lettura è fornita dalle numerose grosse aziende (banche, Poste Italiane, etc.) che hanno programmato prepensionamenti di lavoratori prossimi alla pensione, con stipendi medio-alti, trasferendo i costi delle pensioni all’INPS e assumendo al contempo giovani con contratti, spesso part-time, e retribuzioni molto inferiori.
Inoltre, è molto preoccupante che il grosso dell’Irpef sia pagato dal 15,26% dei contribuenti che dichiarano redditi a partire da 35 mila euro, i quali si sobbarcano oltre il 63% dell’Irpef e quasi il 100% delle restanti imposte dirette. Il 45% degli italiani non ha redditi e, di conseguenza, vive a carico di qualcun altro. Ma c’è di più: su 42 milioni di contribuenti, il 93,7% dell’Irpef è versato da 19,66 milioni di persone, mentre i restanti 22,35 milioni contribuiscono solo per il 6,31%. È lecito chiedersi: per quanto tempo può resistere un paese in cui una sparuta minoranza deve sostenere il carico fiscale di tutti?
Fonte: Luciano Capone e Alberto Brambilla su https://www.ilfoglio.it/