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Il ritorno di Laokoonte
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Un angolo graffiante, provocatorio ed estremizzato non per creare polemica o giudicare, ma che susciti un dibattito aperto
Laocoonte, veggente e gran sacerdote di Poseidone nell’Eneide veniva descritto come chi, vedendo nel futuro, arringava i troiani avvisandoli di non fare attraversare al cavallo le mura della città prevedendo le indicibili sventure che li avrebbero colpiti. La dea Atena, per favorire la presa di Troia, la distruzione della città e la vittoria dei Danai sui Troiani, inviò due orribili serpenti marini (Porcete e Caribea) che uscendo dal mare avvinghiarono prima i suoi due figli (Antifate e Tymbreus), stritolandoli e successivamente si avventarono su di lui. Ma pare che Laocoonte non sia stato stritolato e affogato come la prole, infatti sembra che sia stato trasferito velocemente in un lontano futuro su un pianeta sconosciuto. Questo rapidissimo viaggio gli ha consentito di acquisire, in un battito di ciglia, tutta la storia dell’umanità succedutasi sulla terra. Ma nonostante sia passato tanto tempo porta con sé la maledizione di Cassandra: era in grado di prevedere il futuro, ma nessuno lo sta ad ascoltare nonostante dica cose che potrebbero essere utili per evitare tanti errori alla nostra società. Per molti anni è stato corrispondente di Messina Medica 2.0, con lo pseudonimo Laokoonte, e ci ha regalato importanti e a volte amari ed esilaranti momenti informativi di quello che per noi è il futuro, ma che per lui (avendolo già vissuto) rappresenta il passato.
Riceviamo e pubblichiamo una sua piccola nota, giuntaci dopo molto tempo di silenzio, che chiosa (senza alcun riferimento a cose, persone, fatti ed accadimenti reali) sugli usi ed abitudini invalsi nella nostra società.
In tema di organizzazione della gestione delle risorse umane si è sempre fatto riferimento al conseguimento del vantaggio competitivo aziendale. Con l’aziendalizzazione della sanità questo sistema è stato applicato anche in tale campo.
Negli anni 80 del millennio 2000, però, si registrava una strana evoluzione dell’ambito sociale ed in particolar modo nelle relazioni tra il fare politica e il fare amministrazione. Infatti si vedeva sempre più applicare in maniera distorta una teoria, per i tempi rivoluzionaria, pubblicata oltre un secolo prima, nel 1969, dallo psicologo canadese Laurence J. Peter conosciuta come Principio di Peter o come il Principio dell’Incompetenza finalizzato alla soluzione delle inefficienze organizzative in ambito amministrativo. In essa si descrivevano le dinamiche di carriera all’interno delle organizzazioni gerarchiche sviluppate su basi meritocratiche, attraverso sviluppi a volte paradossali della selezione negativa realizzata attraverso una fredda pianificazione proattiva.
In estrema sintesi questa teoria descriveva come un individuo, occupante un certo gradino della scala gerarchica di un’organizzazione complessa, potesse progredire gradualmente nella stessa fino al raggiungimento del suo massimo grado di competenza. Il limite della progressione di carriera veniva raggiunto, quindi, nel momento in cui si dimostrava la sopravvenuta incompetenza nello svolgere il ruolo del gradino superiore. Il principio in pratica descriveva situazioni premianti del controllo politico della gerarchia fino al raggiungimento di livelli impossibili da occupare a causa della saturazione delle proprie capacità di abilità che si esplicitavano attraverso una manifestata incompetenza una volta raggiunto il gradino superiore. Attraverso questa semplice dinamica l’individuo in oggetto avrebbe visto arrestare la propria scalata gerarchica solo al raggiungimento di una posizione ad esso poco congeniale, per la quale non sarebbe stato in grado di dimostrare le capacità indispensabili per mantenerla: raggiungendo il suo iniziale livello di incompetenza, secondo il cosiddetto Quoziente di Maturità (MQ) che determinava il final placement.
Ma questa teoria non teneva conto della devianza determinata dalla devoluzione sociologica italiana e in particolare di quella siciliana dove la presenza di un terzo pagante (lo stato) consentiva di amministrare la cosa pubblica senza controlli, verifiche o responsabilizzazioni. Dove a causa della quasi completa assenza di responsabilità si procedeva attraverso incarichi ed assunzioni da parte di politici di consulenti ed amministratori, non in funzione della competenza, ma bensì dell’appartenenza realizzando la cosiddetta.
L’assoluta mancanza di responsabilizzazione sui risultati conseguiti, infatti, faceva in modo che la meritocrazia non fosse tenuta in alcuna considerazione, questo purtroppo contribuiva in maniera importante alla fuga di cervelli di quegli individui, cioè, che non trovavano spazi lavorativi, nonostante fossero dotati di competenza e capacità cognitive superiori perché dotati di emotional intelligence. Quindi la progressione nella carriera gerarchica garantiva l’ascesa dei meno dotati dal punto di vista intellettivo, così come delle capacità cognitive e di quelle comportamentali, di coordinamento e di gestione: creative incompetence. L’unico requisito fondamentale richiesto era rappresentato dalla necessità di dimostrarsi dei perfetti YES-MEN, in grado di osservare scrupolosamente le indicazioni del politico di turno che li aveva nominati in quel ruolo e soprattutto farsi carico delle responsabilità derivanti dall’incarico, firmando e avallando tutto quello che gli si presentava sulla scrivania. Questi personaggi premiati per la propria incompetenza con un progressivo avanzamento fino ai vertici della scala gerarchica assumevano, poi, una importanza fondamentale nel momento in cui si fosse registrata qualche denuncia ovvero bisognasse rendere conto all’opinione pubblica o alla magistrature di qualche criticità, disservizio o peggio di qualche infrazione delle leggi vigenti. A questo punto il loro ruolo diventava fondamentale poiché rappresentavano il capro espiatorio sul quale fare coinvolgere tutte le colpe del sistema che comunque continuava a tenersi solidamente in piedi grazie alla silenziosa e catartica scomparsa dello YES-MAN di turno.
Questo stato di cose aveva portato negli anni quaranta del secolo 2000 a vedere occupati i posti di maggiore responsabilità dalla parte meno dotata intellettualmente della società. Quella che veniva ormai definita Idiocracy ovvero il governo degli idioti.
La cosa che faceva ancor di più preoccupare erano gli scenari di prevedibili futuri inquietanti, soprattutto perché si registrava che a causa della scarsa attitudine a proliferare da parte delle persone più intelligenti e culturalmente preparati si osservava un livellamento verso il basso dei quozienti intellettivi e della cultura diffusa da trasmettere alle generazioni a seguire. Con un sempre più elevato numero di idioti capaci di risalire sempre di più rapidamente la scala gerarchica fino ai suoi vertici, in funzione del loro elevato grado di incompetenza, producendo uno stato delle cose che progressivamente tendeva a valorizzare il peggio, escludendo di fatto la meglio società.
Fu così che si comprese come il principio di Peter potesse funzionare solo se applicato in una situazione di stretta responsabilizzazione delle attività individuali e di controllo del conseguimento degli obiettivi utili alla società e soprattutto della monitorizzazione degli indicatori di risultato. Solo così, ma solo alla soglia degli anni 200 del secolo 2000, si riuscì a comprendere l’essenza del problema e porre in essere le necessarie contromisure per la sua risoluzione.