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di Giuseppe Ruggeri
La fermata di un autobus. Come tante ce ne sono, immerse nell’uniformità delle nostre città tutte uguali, grigie, senza nome. E un autobus che pare non arrivare mai, mentre alcuni avventori si raccolgono in attesa sotto una pensilina. Sullo sfondo, la facciata di un palazzo, anch’esso come tanti, ma il fatto strano è che la porta di quel palazzo sembra sospesa sulla pensilina, quasi che, uscendone, si finisca direttamente per andarci contro.
Un varco spazio-temporale? Si domanda un compassato signore di mezza età infilato dentro un impermeabile chiaro, in un pomeriggio solo apparentemente grigio e uguale agli altri.
Perché, a rischiarare il grigio di queste ore che scorrono in attesa di un autobus che sembra una chimera, ecco sopraggiungere il ricordo. Il ricordo di un’epoca indimenticabile, quella di cui una canzone “cult” si domandava cosa, di quegli anni, resterà. Parliamo, ovviamente, dell’epoca dei favolosi, mitici anni Ottanta.
E c’è anche un Sindaco – quello vero, pensate – che, richiamato sul palco dal controllore che lo individua in mezzo al pubblico, gli rivolge una solenne rampogna attribuendogli il ritardo del mezzo che ancora non raggiunge la fermata. Un corpo di ballo formato da giovani di belle, anzi bellissime speranze. Un pianista e un chitarrista capaci di suscitare, con le loro note superbe, emozioni e suggestioni di rara intensità.
Questo e tanto altro ancora ci regala l’ultima prova dei “Fikissimi”, la geniale creatura scenica di Francesca De Domenico socia onoraria fondatrice, magistralmente coordinati dall’ottimo presidente in carica Massimo Pulitanò, artista proteiforme e completo, mentre il testo è stato scritto da Cosimo Milone, la regia curata dall’attore-avvocato Marcello Fatato e Santina Restuccia; la scenografia a Pietro Bitto, medico e artista a tutto tondo che ha costruito le quinte ivi compreso l’autobus (solo la fiancata naturalmente). “I nostri anni 80” andato in scena il 29 gennaio al Teatro Vittorio Emanuele, ha registrato un tutto esaurito (vuoti solo i palchi di second’ordine e la “piccionaia”).
La presentatrice Lety Gruber (alias Letizia Lucca) fasciata da un lungo abito disegnato a mano dei colori del nostro Stretto ha diretto l’orchestra di tutti questi professionisti prestati alla scena e la cui disinvoltura è stata pari solamente al grande trasporto umano con il quale hanno sposato la causa dei pazienti affetti da malattie neuromuscolari.
L’Associazione che da anni li sostiene insieme alle loro famiglie (Aps Cambiamenti), con passione e abnegazione guidata da Giuseppe Caristi insieme a Carmen Agnello e Angelo Passini e i molti volontari che lo collaborano, non poteva sperare in una più ricca e significativa celebrazione dei suoi primi dieci anni di attività.
Arte e solidarietà sono stati i protagonisti di una sola magica serata che ha visto una comunità riunita intorno a un progetto che spetta a tutti noi portare avanti.
Non perdiamo quest’autobus. Non ripasserà un’altra volta.