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Ciò che manca al genoma umano rispetto ai genomi di altri primati potrebbe essere stato cruciale per lo sviluppo dell’umanità quanto ciò che è stato aggiunto durante la nostra storia evolutiva, secondo un nuovo studio condotto dai ricercatori di Yale e il Broad Institute del MIT e di Harvard.
Le nuove scoperte, pubblicate il 28 aprile sulla rivista ScienceDaily (https://www.sciencedaily.com/releases/2023/04/230427173438.htm), colmano un’importante lacuna in ciò che si sa sui cambiamenti storici del genoma umano. Mentre una rivoluzione nella capacità di raccogliere dati da genomi di specie diverse ha permesso agli scienziati di identificare aggiunte specifiche al genoma umano – come un gene che è stato fondamentale per gli esseri umani per sviluppare la capacità di parlare – è stata prestata meno attenzione a cosa manca nel genoma umano.
Per il nuovo studio i ricercatori hanno usato un’immersione genomica ancora più profonda nel DNA dei primati per dimostrare che la perdita di circa 10.000 bit di informazioni genetiche – poche paia di basi di DNA – nel corso della nostra storia evolutiva differenzia gli umani dagli scimpanzé, il nostro parente primate più vicino. Alcuni di quei pezzi di informazioni genetiche “cancellati” sono strettamente correlati a geni coinvolti nelle funzioni neuronali e cognitive, incluso uno associato alla formazione di cellule nel cervello in via di sviluppo.
Questi 10.000 pezzi mancanti di DNA – che sono presenti nei genomi di altri mammiferi – sono comuni a tutti gli esseri umani.
Il fatto che queste delezioni genetiche si siano conservate in tutti gli esseri umani, affermano gli autori, attesta la loro importanza evolutiva, suggerendo che hanno conferito qualche vantaggio biologico.
Il documento è stato uno dei tanti pubblicati su Science dal Zoonomia Project (https://zoonomiaproject.org/), una collaborazione di ricerca internazionale che sta catalogando la diversità nei genomi dei mammiferi confrontando le sequenze di DNA di 240 specie di mammiferi che esistono oggi.
Alcune sequenze genetiche trovate nei genomi della maggior parte delle altre specie di mammiferi, dai topi alle balene, sono scomparse negli esseri umani. Ma piuttosto che interrompere la biologia umana, dicono, alcune di queste delezioni hanno creato nuove codifiche genetiche che hanno eliminato elementi che normalmente spegnerebbero i geni.
Metaforicamente la cancellazione di queste informazioni genetiche ha avuto un effetto equivalente alla rimozione di tre caratteri – “n’t” – dalla parola “isn’t” per creare una nuova parola, “is”.
Per arrivare a tali conclusioni i ricercatori hanno utilizzato una tecnologia chiamata Massively Parallel Reporter Assays (MPRA), che può simultaneamente vagliare e misurare la funzione di migliaia di cambiamenti genetici tra le specie al fine di identificare i tanti piccoli blocchi molecolari che ci rendono unici come specie.