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Le iniziative finora avviate per la Sanità digitale sono basate su strumenti e tecnologie molto diverse e circoscritte al supporto a singole attività di cura e assistenza. Ora occorre portarle “a sistema” con una governance centrale chiara ed esecutori pronti a recepire le giuste direttive. Gli ambiti su cui intervenire
Anche il settore sanitario, nonostante sia ancora più soggetto rispetto ad altri a resistenze o gap strutturali[1], sta proseguendo il suo processo di innovazione e di digitalizzazione progressive. I trend legati alla rivoluzione digitale hanno, infatti, trovato applicazione anche nel mondo della salute.
Diversi e significativi sono stati i benefici per la gestione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie e per il miglioramento dello stato di salute della popolazione, in un contesto di riduzione dei costi unitari e di contenimento degli investimenti richiesti al sistema sanitario nel suo complesso[2].
La trasformazione digitale rappresenta dunque per il sistema salute una straordinaria opportunità per promuovere nuovi modelli di cura e assistenza sostenibili, nonché per migliorare l’accesso dei pazienti ai servizi e semplificare numerose delle attività che i professionisti svolgono quotidianamente. Il tutto permettendo un livello di interconnessione ai processi di cambiamento in atto (contenimento e controllo delle risorse, fenomeni demografici, affermazione di nuove emergenze sanitarie connesse al fenomeno della globalizzazione, ricerca, ecc.) in continua evoluzione.
Le varie policy implementate negli ultimi anni, con il ruolo pivotale assunto ormai dal PNRR, hanno rappresentato la risposta delle istituzioni ad uno scenario in continua evoluzione, dove sono note le vulnerabilità e i benefici ottenibili grazie ad investimenti mirati e strutturali allo stesso tempo. Se fino ad ora le soluzioni realizzate si sono basate su strumenti e tecnologie molto differenti (dalla più obsoleta a quelle più avanzate) e sono state in gran parte circoscritte al supporto a singole attività di cura ed assistenza, indipendentemente dal contesto complessivo del percorso di cura del paziente, è ora necessario portare “a sistema” le singole iniziative con una governance centrale chiara e degli esecutori pronti a recepire le giuste direttive.
I driver che guidano la digitalizzazione del sistema sanitario
Indipendentemente dal tipo di sistema sanitario, negli ultimi anni sono stati osservati cambiamenti sistemici che guardano anche ai modelli 4.0. Essi coinvolgono sia l’organizzazione dei processi in modo automatizzato e interconnesso nelle componenti uomo-macchina, l’utilizzo e la valorizzazione dei dati disponibili, e la capacità di stabilire dei canali di contatto con cittadini sempre più digitalizzati, anche nelle fasce di popolazione più anziane. I cambiamenti nella disponibilità della tecnologia, le evoluzioni delle abitudini dei consumatori, le crescenti esigenze di prevenzione e l’aumento del flusso delle informazioni sono i driver principali che guidano il processo di digitalizzazione del sistema sanitario.
Come sottolineato da vari autori[3], tra i vari fattori di accelerazione digitale va annoverata l’emergenza Covid-19 che ha portato una duplice consapevolezza in tutti gli attori dell’arena sanitaria. Da un lato, la consapevolezza dei limiti sistemici in termini di investimenti, di adeguatezza tecnologica e di digitalizzazione organizzativa. Dall’altro, ha accelerato alcuni processi in atto da almeno un decennio. Questo è emerso anche dal maggiore ricorso a soluzioni avanzate per l’accesso alle prestazioni sanitarie, l’utilizzo di strumenti di telemedicina e un’attenzione particolare a nuove soluzioni disegnate per il professionista e il paziente.
Figura 1 – Percentuale di cittadini che usano internet o applicazioni web per motivi sanitari in Italia
Fonte: rielaborazione su dati Eurostat
L’incremento nell’uso di sistemi precedentemente ancora poco esplorati o implementati emerge anche se si guarda ai progetti 4.0 portati avanti dai vari soggetti dell’ecosistema sanitario per fronteggiare l’emergenza Covid e le sue conseguenze. Nei mesi cruciali per le sorti della pandemia, infatti, le potenzialità, il valore e la necessità di dare un impulso a modelli di presa in carico sempre più connessi e vicini al paziente sono diventati ancora più evidenti.
Nello specifico, la situazione emergenziale ha reso necessaria la presenza di soluzioni in grado di connettere con rapidità gli operatori sanitari e i cittadini, oltre a tutti gli stakeholder del sistema; d’altra parte, la possibilità di fornire assistenza in remoto, grazie a innovazioni cliniche e tecnologie digitali connesse, ha permesso di sconfiggere la barriera della distanza tra gli operatori e i pazienti, contribuendo ad aumentarne la protezione e a ridurre il rischio di trasmissione del virus.
Figura 2 – Tipologia di prestazioni di telemedicina e distribuzione per tipologia di ente (2020-2022)
Fonte: rielaborazione su dati ALTEMS 2022
Software e hardware in sanità, tra luci e ombre
Le tecnologie ICT applicate alla sanità sono note come sanità elettronica o e-health[4] e ricomprendono le applicazioni dell’ICT nella vasta gamma di funzioni proprie di un sistema sanitario” che riguardano medici, manager ospedalieri, infermieri, specialisti di gestione dei dati, amministratori della previdenza sociale fino ad arrivare ai pazienti attraverso la prevenzione delle malattie o una migliore gestione delle stesse. A questa definizione qui viene affiancata anche quella del cosiddetto paradigma 4.0, se non altro perché il livello tecnologico dei servizi sanitari si è ampliato negli anni con l’introduzione di nuove soluzioni.
Una prima valutazione sul cambiamento in corso e sull’adozione da parte del settore sanitario di soluzioni digitali e tecnologicamente più avanzate (siano esse software o hardware) passa per gli investimenti affrontati negli ultimi anni. Siano essi guidati dal legislatore o conseguenza di necessità elaborate internamente alle organizzazioni sanitarie.
Non sono molte le indagini puntuali effettuate su questa tipologia di investimenti, ma è possibile estrapolare alcune informazioni e analisi di scenario utili a comprendere lo stato dell’arte o alcuni dei trend principali del settore. In particolare, questo esercizio può essere utile per meglio analizzare eventuali carenze o punti di forza su cui basare alcune indicazioni di policy.
Sotto il profilo dell’installazione hardware e dello sviluppo/adozione software nel settore sanitario non esistono dati puntuali sulla qualità delle soluzioni presenti[5]. Non è, quindi, sempre possibile conoscere se si tratti di tecnologie 4.0. oppure appartenenti ad altre tipologie. Tuttavia, anche secondo alcuni studi mirati è possibile considerare la telemedicina e la diagnostica all’interno del paradigma 4.0 in senso ampio[6].
Figura 3 – Spesa per beni e servizi ICT di ASL e Ospedali pubblici (2019-2022) per voce di costo (Asse dx singole voci – Asse sx SW-HW isolati)
Fonte: rielaborazione su dai NetConsulting cube
È possibile provare a fornire qualche analisi da questo semplice schema quantitativo. Esaminando la spesa tecnologica di ASL e Ospedali per tipologia di acquisto salta subito all’occhio la voce di maggiore incidenza della spesa: quella relativa alla manutenzione hardware e software dei sistemi. Questo dato può implicare diversi aspetti da tenere in considerazione per provare a giudicare il grado di maturità tecnologica in modo grezzo. In primo luogo, che molti degli interventi o acquisti effettuati negli anni precedenti sono stati fatto in modo programmato di lungo termine e che quindi necessitino di costanti aggiornamenti. In secondo luogo che si tratti – perlomeno in ambito hardware – di apparati con una certa longevità.
Allo stesso tempo, con l’avvento dell’emergenza Covid-19, si registra un calo progressivo degli investimenti per questa voce nel periodo considerato, passando dal 48% del 2019 al 41% del 2022.
La crescita degli investimenti nei comparti hardware e software
Ecco che emerge un altro trend interessante. La crescita degli investimenti nei comparti hardware e software. Come ipotizza anche la ricerca Altems, questi trend potrebbero essere dovuti al fatto che “nel 2020 per rispondere all’emergenza è possibile che le aziende abbiano proceduto con estensioni di progetti all’interno dei contratti già esistenti (si pensi all’attivazione delle visite in remoto, che in alcuni casi sono state attivate come estensione delle cartelle cliniche), a partire dal 2021 è evidente lo spostamento di parte della spesa verso l’acquisto di licenze, di servizi di sviluppo e di hardware che fa pensare a progetti in piattaforme e soluzioni in gran parte nuove, a testimonianza di come l’esigenza di intraprendere un processo di digitalizzazione si stia progressivamente concretizzando in progettualità”[7]. Questo è sicuramente un aspetto positivo e fa parte anche di un macro-trend più complesso facente capo al PNRR e alle indicazioni date dal legislatore agli enti esecutori.
Figura 4 – Adeguatezza tecnologica del parco HW istallato (anno 2019)
Fonte: rielaborazione I-Com[8] su dati Confindustria Dispositivi Medici 2019
L’Italia presenta medie superiori ad altri paesi comparabili in ambito OCSE per quanto riguarda il tasso di apparecchi dispositivi medici per abitante. Tuttavia, secondo i dati forniti da Confindustria Dispositivi Medici relativi al grado di adeguatezza tecnologica del parco installato del SSN il 50% dei macchinari disponibili nell’anno 2019 aveva oltrepassato il periodo di adeguatezza tecnologica, e necessitava pertanto di revisione o sostituzione. Anche in questo modo, forse, è possibile spiegare parzialmente l’aumento di spesa hardware mostrato precedentemente. In ogni caso, è chiaro che la dotazione attuale non sia sufficiente. Tanto che è sempre la Corte dei Conti a sottolineare che servirebbe un investimento di 32 miliardi di euro per mettere a punto la dotazione tecnologica del SSN. Di questi, oltre 1,5 miliardi andrebbero allocati per apparecchiature elettromedicali di alta e media tecnologia.
Senza competenze e organizzazione non si va da nessuna parte
Spesso, anche a livello legislativo, le policy adottate per incentivare l’innovazione e l’adozione di soluzioni tecnologicamente avanzate (sia in ambito pubblico sia in ambito privato) hanno riguardato prevalentemente gli investimenti in beni strumentali materiali e/o immateriali. Va considerato che la transizione digitale, al pari del cambiamento tecnologico nella sua accezione più ampia, ricomprende anche la dimensione organizzativa e la componente umana[9].
Come sottolineato recentemente da Capogna (2020), la trasformazione digitale calata nel settore sanitario ricomprende diverse aree che possono essere schematizzate come segue:
- Digitalizzazione (digitalizing), attraverso cui l’organizzazione inizia a utilizzare le soluzioni tecnologiche disponibili (digitalizzazione dei documenti, dematerializzazione, introduzione di portali online, ecc.);
- Trasformazione dei processi organizzativi interni ed esterni (digital process), rivedendoli alla luce di tecniche digitali, con l’intento di renderli più efficienti, snelli e agili;
- Trasformazione del business organizzativo (digital business transformation) con cui si intende l’introduzione di nuovi servizi volti ad ampliare l’offerta per dipendenti e clienti, perseguendo la logica della personalizzazione, dell’assistenza e della fidelizzazione delle relazioni (telemedicina, tele-assistenza, App, ecc.)[10].
Se queste trasformazioni costituiscono la base della nuova dell’eHealth, allora, diventa necessario intervenire su una molteplicità di dimensioni cruciali dell’agire organizzativo: efficientamento dei processi; ingaggio delle persone (dipendenti, collaboratori, utenti, stakeholders, shareholders); moltiplicazione delle opportunità; creazione, mantenimento e valorizzazione di networking diversificati; sviluppo di nuove soluzioni (prodotti, servizi).
La componente umana gioca un ruolo fondamentale in tutti questi processi, soprattutto nella sanità dove ancora viene valorizzato il rapporto medico-paziente. In generale, l’Italia non è tra i paesi europei dove le professioni (di vario tipo e incluse quelle altamente professionali come la sanità) spiccano maggiormente per l’impatto del digitale.
Figura 5 – Individui che hanno le competenze per poter utilizzare software o soluzioni ICT più complesse di quelle base (anno 2018)
Fonte: rielaborazione su dati Eurostat
In una prospettiva di cambiamento e di evoluzione tecnologica, la Figura 5 indica sostanzialmente l’inadeguatezza delle competenze digitali delle risorse umane italiane rispetto agli altri paesi europei. L’Italia infatti sconta un gap di 7 punti percentuali con la media UE27sotto la voce statistica che valuta il livello di competenze per l’utilizzo di software o soluzioni ICT complesse durante lo svolgimento del loro lavoro.
Allo stesso modo, risulta piuttosto modesto l’accesso online ai servizi pubblici che gli italiani hanno avuto nell’anno 2021 (Figura 8). Il trend è certamente stato crescente (+10% circa rispetto al 2020) in conseguenza dell’emergenza Covid-19 e del rilancio di alcuni portali di accesso vista l’impossibilità di interagire fisicamente con gli utenti. L’Italia è comunque all’ultima posizione nell’Union Europea tra il totale della popolazione e anche tra i più frequenti utilizzatori di Internet non brilla particolarmente.
Figura 6 – Interazioni online con i servizi pubblici (anno 2021)
Senza necessità di approfondire le considerazioni nell’ambito delle tecnologie più complesse e sofisticate risulta abbastanza chiaro che anche le professioni sanitarie scontano una scarsa propensione al digitale. Tutto l’impianto previsto dal PNRR e dai futuri investimenti tecnologici della Missione 6 potrebbero non avere la medesima efficacia senza un efficace intervento sulle competenze. In particolare, come sottolineato anche dall’OECD[11], le barriere più rilevanti su cui intervenire sono:
- La fiducia e la percezione della tecnologia sanitaria digitale tra gli operatori sanitari;
- Il mix di competenze necessarie tra operatori sanitari e altra forza lavoro del settore sanitario;
- I modelli e l’organizzazione del lavoro esistenti e il relativo inquadramento giuridico ed economico.
L’assenza di un inquadramento chiaro ad esempio per i LEA digitali è un aspetto da non sottovalutare quando si pensa alle prestazioni erogate e ad una maggiore intensità tecnologica impressa alle medesime. Si veda per esempio il caso della telemedicina dove non esiste, al momento, un piano di tariffe definito. Stimolare la domanda per prestazioni digitali, anche da parte degli utenti stessi, è una leva importante che non deve essere sottovalutata. In un paese rigidamente legato ai processi regolatori come l’Italia, questo aspetto deve necessariamente passare per un inquadramento legislativo specifico.
La formazione degli operatori sanitari
Sul mix di skill necessarie agli operatori sanitari l’intervento potrebbe essere duplice. Intervenire a livello di formazione secondaria e terziaria (financo specialistica) è imprescindibile. Mentre dovrebbero essere implementati programmi di formazione personalizzati obbligatori sulle competenze digitali per gli operatori sanitari. Questi programmi dovrebbero mirare alla formazione operatori sanitari in base alla loro professione, le loro esigenze di competenze digitali e la loro frequenza di utilizzo della tecnologia digitale. In questa direzione è stata dedicata una parte dei fondi della Missione 6, ma sembra che in gran parte verranno utilizzati una tantum per la popolazione del Fascicolo Sanitario, diminuendo l’efficacia dell’investimento. Non è da escludere anche il coinvolgimento dei privati in un’ottica di partnership aperta per il travaso di conoscenze e l’evoluzione di nuove soluzioni e metodologie.
Conclusioni
Infine, si parla spesso di “mettere il paziente al centro” e molto meno del ruolo dei professionisti sanitari. Nel caso dei processi di digitalizzazione, rendere gli operatori co-sviluppatori di soluzioni di e-health, telemedicina e utilizzo di tecnologie 4.0 potrebbe essere uno stimolo ulteriore all’acquisizione di nuove competenze. Il ruolo degli utilizzatori finali delle soluzioni digitali è essenziale per accelerarne l’adozione e creare anche domanda di competenze. Coinvolgerli nei processi di organizzazione, di ideazione e progettazione dei nuovi percorsi digitali dedicati alla loro missione sanitaria significa renderli partecipi di una sfida che vorranno vincere.
Bibliografia
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Barro R. J., e Lee J.W., International Measures of Schooling Years and Schooling Quality, in American Economic Review, maggio 1996, pp. 218–23
Capogna S., Sanità digitale tra organizzazione e innovazione. Un caso di studio, in Salute e Società, XIX, 1/2020, pp. 39-40
Cicchetti A., Di Brino E. (a cura di), Analisi dei modelli organizzativi di risposta al Covid-19 in Italia, ALTEMS Instant Report, 2022, pp. 43-47
Corte dei Conti “LA GESTIONE DEI SERVIZI INFORMATICI NEL SISTEMA SANITARIO DELLA REGIONE LAZIO NEGLI ANNI 2018 – 2019”, DELIBERAZIONE N. 70/2021/GEST
Eng, T.R. The e-Health landscape: a terrain map of emerging Information and Communication Technologies in health and health care, The Robert Wood Johnson Foundation Princeton, NJ, 2001, pp. 43-56
Mazzoni E. (a cura di), Salute e competitività. Strategie ed investimenti per vincere le sfide del recovery e della crescita, I-Com Edizioni, Roma, 2022, pp. 58-61
Negreiro M., The rise of digital health technologies during the pandemic, European Parliamentary Research Service Briefing, 2021, pp. 2-10; OECD, Health at a Glance 2021: OECD Indicators, OECD Publishing, Parigi, 2021
Socha-Dietrich K., Empowering the health workforce to make the most of the digital revolution, OECD Health Working Papers No. 129, 2022, pp. 14-16
- Socha-Dietrich K., Empowering the health workforce to make the most of the digital revolution, OECD Health Working Papers No. 129, 2022, pp. 14-16. ↑
- Come emerge anche dal Referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali della Corte dei Conti “sul versante investimenti, a causa dell’insufficiente volume di risorse assegnate, il valore della dotazione di capitale del SSN registra un calo riferito al periodo 2013-2019 pari all’8,2% (da 84 a 79 miliardi di euro)”. ↑
- Negreiro M., The rise of digital health technologies during the pandemic, European Parliamentary Research Service Briefing, 2021, pp. 2-10; OECD, Health at a Glance 2021: OECD Indicators, OECD Publishing, Parigi, 2021. ↑
- Eng, T.R. The e-Health landscape: a terrain map of emerging Information and Communication Technologies in health and health care, The Robert Wood Johnson Foundation Princeton, NJ, 2001, pp. 43-56. ↑
- Non esistono analisi qualitative specifiche sui servizi/prodotti in quanto tali, bensì analisi quantitative per voci di spesa. Ad es. per la Regione Lazio si veda anche Corte dei Conti “LA GESTIONE DEI SERVIZI INFORMATICI NEL SISTEMASANITARIO DELLA REGIONE LAZIO NEGLI ANNI 2018 – 2019”, DELIBERAZIONE N. 70/2021/GEST. ↑
- Aceto P., Persico V. e Pescapè A., Industry 4.0 and Health: Internet of Things, Big Data, and Cloud Computing for Healthcare 4.0, Department of Electrical Engineering and Information Technology, University of Napoli Federico II, 2020. ↑
- Cicchetti A., Di Brino E. (a cura di), Analisi dei modelli organizzativi di risposta al Covid-19 in Italia, ALTEMS Instant Report, 2022, pp. 43-47. ↑
- Mazzoni E. (a cura di), Salute e competitività. Strategie ed investimenti per vincere le sfide del recovery e della crescita, I-Com Edizioni, Roma, 2022, pp. 58-61. ↑
- Barro R. J., e Lee J.W., International Measures of Schooling Years and Schooling Quality, in American Economic Review, maggio 1996, pp. 218–23. ↑
- Capogna S., Sanità digitale tra organizzazione e innovazione. Un caso di studio, in Salute e Società, XIX, 1/2020, pp. 39-40. ↑
- SochaDietrich, K., Empowering the health workforce. Strategies to make the most of the digital revolution, OECD Report, 2022, pp. 34-35. ↑
(Fonte: www.agendadigitale.eu)