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Ogni anno in Italia 35600 nuove azioni legali contro medici e strutture sanitarie pubbliche: in ambito penale, il 97% si conclude con l’assoluzione
Depenalizzare l’atto medico per garantire, oltre alla sicurezza delle cure, anche la sicurezza di chi cura. E farlo attraverso una norma che sollevi i professionisti sanitari dalla responsabilità penale in tutti quei casi di morte o lesioni, eventualmente provocate ai pazienti, diversi dalla colpa grave.
Lo ha proposto la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, ascoltata questo pomeriggio in audizione presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Ricciardi e Ciancitto in materia di sicurezza delle cure e dei pazienti e di contrasto alla medicina difensiva. A rappresentare la Federazione, il Segretario, Roberto Monaco.
Tra le altre indicazioni della Fnomceo, la previsione di un risarcimento per i professionisti ingiustamente accusati, mutuando dal diritto civile l’istituto della lite temeraria. La verifica della percorribilità di un provvedimento che, quando il medico accusato sia assolto, ponga a carico del denunciante le spese processuali. E poi, l’accessibilità per il cittadino a procedure di risarcimento del danno eque, tempestive e trasparenti e un controllo più stringente per i messaggi pubblicitari che invitano a intentare azioni giudiziarie contro i medici.
Ancora, lavorare sul rischio clinico per rendere la disciplina più uniforme sul territorio nazionale; rafforzare e diffondere le buone pratiche cliniche e la valutazione delle attività sanitarie misurate con indicatori di processo e di esito; implementare la formazione in materia di Risk management e di comunicazione medico-paziente.
Infine, applicare e revisionare il Protocollo di intesa tra il Consiglio nazionale forense, il Consiglio superiore della Magistratura e la Fnomceo, per promuovere e orientare la revisione degli Albi dei periti e dei consulenti tecnici attraverso linee guida coerenti con la Legge 24 del 2017; emanare i decreti attuativi previsti dalla stessa Legge Gelli- Bianco, in particolare quello sui requisiti minimi delle polizze assicurative; verificare, al momento dell’iscrizione agli albi dei Ctu e dei periti, il possesso di elevate competenze tecniche e procedurali e revisionare i compensi.
“Riconosciamo a codesta Commissione – ha premesso Monaco – il merito di affrontare una tematica così importante attraverso l’esame delle risoluzioni in titolo. In particolare, condividiamo l’intento della risoluzione che vede come primo firmatario l’On. Francesco Maria Salvatore Ciancitto e che impegna il Governo ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, volta a bilanciare l’esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie arbitrarie e ingiuste con la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di negligenza medica e ad adottare quanto prima i decreti attuativi della cosiddetta legge Gelli-Bianco. Apprezziamo invece, della risoluzione che vede come primo firmatario l’On. Marianna Ricciardi, l’idea della comparazione con l’ordinamento francese al fine di verificare se sia possibile introdurre nel nostro ordinamento il sistema di solidarietà sociale, il cosiddetto «no-fault», una procedura cioè che prevede in determinati casi il risarcimento economico del danno subito da un paziente senza necessità di un’azione legale. Apprezziamo altresì l’importanza attribuita al Risk management, anche in termini di formazione, e l’impegno anche qui espresso a dare attuazione alla legge Gelli-Bianco”.
La sicurezza delle cure, secondo la Fnomceo, è infatti oggi “una delle sfide più importanti per il futuro del nostro sistema sanitario e il raggiungimento di tale obiettivo non può prescindere da una appropriata regolamentazione della valutazione e gestione del rischio clinico e delle responsabilità professionali”.
“La sicurezza e la qualità delle cure – ha affermato ancora Monaco – rappresentano gli elementi fondamentali di tutte le prestazioni e sono obiettivi prioritari del Servizio Sanitario Nazionale. La sicurezza delle cure non può essere scissa dalla qualità delle cure: non può essere infatti garantita la qualità delle cure senza la sicurezza delle stesse. La sicurezza delle cure è infatti una dimensione della qualità ed è il conseguente completamento ed evoluzione dell’art. 32 della Costituzione”.
“Il medico, nella sua mission – ha specificato – è chiamato ad affrontare scelte e ad assumere decisioni non sulla base delle eventuali ripercussioni in ambito giudiziario, ma per garantire la salvaguardia dei diritti umani e dei princìpi etici dell’esercizio professionale indicati nel codice deontologico, al fine della tutela della salute individuale e collettiva”.
“Il problema – ha spiegato – è che in Italia i professionisti della sanità devono confrontarsi tutti i giorni con la paura delle aggressioni, delle denunce e delle conseguenze economiche, professionali e umane che derivano da liti temerarie”.
Ogni anno, infatti, in Italia vengono intentate 35600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300mila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie pubbliche. Nel 97% dei casi, nell’ambito penale, si traducono in un nulla di fatto, con il proscioglimento, ma con costi enormi per lo Stato.
“L’impennata di aggressioni fisiche e giudiziarie – ha constatato Monaco – ha portato i medici a comportamenti prudenti, che possono aver fatto lievitare i costi della medicina difensiva”.
Costi che, secondo stime recenti di Agenas, si aggirerebbero attorno ai 10 miliardi di euro l’anno.
“A risultare lesi – ha osservato il Segretario Fnomceo – sono il diritto alla salute costituzionalmente tutelato, le finanze pubbliche, la tranquillità dei medici, il rapporto medico-paziente”.
“L’approccio che riteniamo giusto all’errore – ha affermato – è di tipo sistemico e non personalistico, poiché quest’ultimo amplierebbe gli scenari che conducono alla medicina difensiva e quindi alla mancata serenità del medico nello svolgere la propria professione. Occorre contrastare la medicina difensiva e creare un’area di non punibilità che valga a restituire al medico la serenità dell’affidarsi alla propria autonomia professionale e, per l’effetto, ad agevolare il perseguimento di una garanzia effettiva del diritto costituzionale alla salute”.
“È comprensibile – ha ammesso – che individuare un responsabile per gli errori in sanità sia più semplice per le istituzioni, ma questo non risolve in ogni caso il fatto che tali eventi possano verificarsi di nuovo. Riteniamo invece che bisogna lavorare sull’organizzazione; per questo è necessario un sistema forte di Risk Management che parta dal “near miss” (quasi errore), evento che potrebbe aver determinato conseguenze avverse che invece non sono avvenute, e lo consideri lezione gratuita al fine di rendere più efficiente ed efficace il sistema organizzativo in ambito sanitario. Esprimiamo quindi perplessità sul quadro normativo attualmente vigent,e che di fatto non evita ai medici l’inizio di un procedimento penale con tutte le conseguenze ed i disagi dal punto di vista mediatico ed economico e della qualità di vita privata e professionale che il processo penale può comportare”.
“Contro la grande fuga dal Servizio Sanitario Nazionale – ha esplicitato – servono risorse e provvedimenti legislativi. Serve la depenalizzazione dell’atto medico, che ridia serenità ai medici, che consenta ai cittadini di ottenere, in tempi ancora più rapidi, il giusto riconoscimento dell’eventuale danno subito senza che il medico sia trascinato in un tribunale per la sua condotta professionale”.
“Per far fronte a tale problema – ha continuato – e riportare maggiore tranquillità tra chi opera nelle corsie degli ospedali e sul territorio, la FNOMCeO ritiene fondamentale non solo la rapida adozione dei decreti attuativi della legge Gelli-Bianco sulla responsabilità professionale, che si attendono da oltre sei anni, ma anche la limitazione dei casi di punibilità penale del personale sanitario alle sole condotte caratterizzate da dolo o colpa grave. In questo modo la legislazione italiana si allineerebbe, almeno in parte, a quella della quasi totalità dei Paesi del mondo: ad oggi, solo in Italia, Messico e Polonia l’errore del medico può, in generale, essere sanzionato penalmente. In questo senso condividiamo la posizione espressa dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci, che, in un’intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero e pubblicata il 9 aprile scorso, ha affermato, in merito alla depenalizzazione degli errori medici, che, dai dati in possesso, gran parte delle cause giudiziarie contro i medici finiscono in un nulla di fatto, nell’assoluzione. Per questo va depenalizzato il reato ad esclusione del dolo, anche per limitare la cosiddetta medicina difensiva, ossia l’eccesso di prescrizione di esami o prestazioni proprio per timore di incorrere in contenziosi legali”.
“Con la depenalizzazione dell’atto medico – ha precisato – rimarrebbe comunque impregiudicato il diritto del cittadino di ottenere un risarcimento dell’azienda sanitaria. Da parte sua, però il medico tornerebbe ad avere una maggiore serenità e l’attività verrebbe svolta in maniera più adeguata. Non dimentichiamo che il rischio del reato penale è una delle cause che porta al disagio e quindi alla fuga dal Servizio Sanitario Nazionale. La depenalizzazione dell’atto medico, così come il riconoscimento di retribuzioni in linea con il panorama europeo, sarebbero un primo grande passo, necessario ma non sufficiente, per cercare di frenare la fuga dei medici”.
“Riteniamo – ha concluso Monaco – che il primo passo per la prevenzione e la gestione di una nuova emergenza dettata dalla carenza di personale sanitario, qualsiasi ne possa essere la causa, sia sollevare i professionisti sanitari dalla responsabilità penale in tutti quei casi di morte o lesioni, eventualmente provocate ai pazienti, diversi dalla colpa grave. I medici rappresentano infatti per il Servizio Sanitario Nazionale il capitale umano, la risorsa indispensabile, che, nella crisi pandemica, ma anche nella quotidianità, si è rivelato esserne il vero tessuto connettivo, l’elemento di coesione non solo sanitaria ma anche sociale”.
Ufficio Stampa Fnomceo