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Colpisce in Europa tra le 56.000 e le 100.000 persone di cui circa 15.000 in Italia, con un forte impatto sulla salute fisica e mentale, ma anche sulla sfera sociale e lavorativa dei pazienti
La ricerca scientifica nel campo dell’ingegneria degli anticorpi apre la strada alla medicina di precisione, ma rimane ancora un gap di conoscenza e informazione sulla miastenia grave che ne rende difficile e tardiva la diagnosi nella maggior parte dei casi e alimenta lo stigma e l’isolamento dei pazienti
Milano, 18 ottobre 2023 – Insorge all’improvviso e può colpire persone di ogni età anche se più frequentemente si manifesta nelle giovani donne nel pieno della vita, tra i 20 e i 40 anni, e negli uomini intorno ai 65 anni. Con sintomi che variano da paziente a paziente per gravità e localizzazione, ma con un denominatore comune rappresentato da una debolezza muscolare debilitante e potenzialmente letale. È questo l’identikit di una delle patologie rare maggiormente diffuse ma ancora poco conosciuta: la miastenia grave, una malattia neuromuscolare autoimmune rara e cronica in cui gli autoanticorpi attaccano i recettori dell’acetilcolina interrompendo la comunicazione tra nervi e muscoli e causando episodi di estrema debolezza.
Si stima che in Europa colpisca tra 56.000 e 100.000 persone e circa 15.000 in Italia. All’incirca l’85% delle persone affette da Miastenia Grave progredisce entro 24 mesi verso la Miastenia Grave Generalizzata (gMG), che può colpire i muscoli di tutto il corpo. “La diagnosi di MG arriva spesso in ritardo, a distanza anche di diversi anni dalla comparsa dei primi sintomi, a causa della complessità ed eterogeneità delle sue manifestazioni che sono molto diverse da paziente a paziente e possono modificarsi anche nello stesso individuo – ha spiegato Rocco Liguori, Professore ordinario di neurologia, Università di Bologna e Direttore dell’UOC Clinica Neurologica, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna -. I primi sintomi comprendono generalmente indebolimento della muscolatura degli occhi, palpebre cadenti, visione. Nei casi più gravi si può presentare una difficoltà nella mobilità degli arti superiori e inferiori, nel linguaggio, nella masticazione e nella deglutizione oltre ad una compromissione della funzione respiratoria. In generale è una malattia caratterizzata da fluttuazione dei sintomi, in cui si alternano miglioramenti spontanei e peggioramenti acuti che possono culminare nella crisi miastenica, un improvviso e grave peggioramento dei sintomi miastenici tale da costituire un’emergenza medica che necessita l’ospedalizzazione e il trattamento medico immediato”.
La malattia può avere infatti un impatto importante sulla qualità di vita incidendo sulla sfera sociale, professionale e familiare dei pazienti: l’81% ha infatti difficoltà a lavorare, il 78% ha problemi nello svolgere le normali attività quotidiane e il 60% ha difficoltà a soddisfare le esigenze della famiglia. Tutto questo si traduce anche in un impatto economico diretto e indiretto, poiché le persone con diagnosi di MG utilizzano più risorse mediche – il doppio rispetto alla popolazione generale, compresi i ricoveri, le visite al pronto soccorso e le visite specialistiche -, una su tre ha bisogno di un caregiver, il 16,8% non è più in grado di lavorare, il 34,4% è costretto ad assentarsi frequentemente dal lavoro, tre volte di più rispetto alla popolazione generale.[1]
“La miastenia grave arriva all’improvviso e ti stravolge la vita portando con sé un enorme peso non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico. E come se non bastasse molto spesso chi ci sta intorno non si accorge della nostra disabilità e fatica a comprenderla, aumentando in questo modo il senso di frustrazione e solitudine – ha raccontato Chiara Castellini, Membro, socio attivo A.I.M. – Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunodegenerative – Amici del Besta ODV -. È fondamentale poter contare su informazioni chiare e accurate, essere seguiti in centri specializzati dove ricevere i trattamenti più appropriati ma anche ascolto e assistenza su tutte le dimensioni della quotidianità che vengono impattate dalla malattia; dall’aspetto fisico alla sfera emotiva e relazionale fino alla dimensione più intima. Solo in questo modo è possibile accettare la malattia e continuare a vivere una vita piena e attiva, seppur con delle limitazioni che possono essere affrontate e gestite attraverso i giusti trattamenti”.