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Morire di budget

Morire di budget

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di Salvo Rotondo

Le strutture sanitarie accreditate e convenzionate rappresentano un elemento fondamentale del Sistema Sanitario Nazionale, includendo ospedali, cliniche private e ambulatori che rispondono a specifici standard di qualità e sicurezza delle cure erogate.
L’accreditamento certifica, infatti, che una struttura è in grado di fornire prestazioni sanitarie di qualità, sicure e appropriate, rispettando le normative del Sistema Sanitario. Una volta ottenuto l’accreditamento, la struttura può richiedere il convenzionamento, permettendo così di erogare prestazioni che saranno rimborsate dal Sistema Sanitario, attraverso l’Azienda Territoriale competente, che si occupa di applicare la tariffa DRG e di gestire l’eventuale ticket a carico del paziente.
In sintesi, l’accreditamento è il processo che valuta e certifica gli standard qualitativi assistenziali di una struttura, mentre la convenzione è il contratto che consente alla stessa di fornire prestazioni finanziate dal Sistema Sanitario.
Le strutture private svolgono un ruolo importante nel supportare il Sistema Sanitario, colmando le carenze di prestazioni ambulatoriali o di ricovero quando il pubblico non riesce a far fronte alla domanda. Questo ruolo è diventato sempre più evidente negli ultimi anni, a causa dei crescenti tagli alle risorse sanitarie che hanno ridotto il numero di posti letto ospedalieri e la disponibilità di prestazioni ambulatoriali. Di conseguenza, i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie sono aumentati, diventando spesso insostenibili. La crisi sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19 ha ulteriormente accentuato questi problemi.
Il prolungamento delle liste d’attesa ha raggiunto livelli intollerabili. Di fronte alla protesta della popolazione, dei sindacati e dei media, sono state introdotte leggi e regolamenti per tentare di riorganizzare il sistema, ma senza l’impiego di risorse economiche adeguate per potenziare gli organici e migliorare l’organizzazione al fine di ridurre i tempi di attesa.
L’analisi delle misure adottate ha rivelato che, sebbene le liste di attesa siano effettivamente diminuite, ciò non è stato dovuto a un potenziamento dell’attività ambulatoriale, a un incremento delle attività operatorie o a un miglioramento dei ricoveri, ma piuttosto al ricorso crescente da parte degli utenti, viste le lunghe attese, alle prestazioni private a pagamento (per chi se lo è potuto permettere), sia diagnostiche che di ricovero.
La collaborazione tra il pubblico e il privato, finalizzata alla continuità assistenziale, si è concretizzata soprattutto nei pronto soccorso, dove i pazienti in attesa venivano inviati alle strutture private per il ricovero, a causa dell’insufficiente disponibilità di posti letto negli ospedali pubblici. Questa situazione, esplosa con la pandemia, è diventata un problema strutturale, dato che la riduzione dei posti letto è ormai un fenomeno cronico.
In Sicilia, la Regione svolge un ruolo cruciale nella pianificazione e regolamentazione dei servizi sanitari, comprese le case di cura. Tuttavia, il Governo Regionale stabilisce un budget annuale che risulta sempre insufficiente a soddisfare la domanda crescente di prestazioni sanitarie. Le strutture private si trovano quindi costrette a rimanere entro i limiti del budget assegnato, ma a causa dell’aumento dei bisogni sanitari, le risorse disponibili finiscono già a novembre. Questo comporta la chiusura delle case di cura accreditate nei mesi di novembre e dicembre, sotto la giustificazione di effettuare manutenzioni o ristrutturazioni.
Nel 2023, la Regione ha stanziato, in effetti, fondi aggiuntivi per affrontare il problema delle liste d’attesa, con il risultato che a metà novembre, quasi tutte le case di cura accreditate erano comunque già chiuse. La soluzione a questo problema richiede una riforma strutturale del sistema di finanziamento, per garantire la continuità dei servizi e non interrompere le cure essenziali, soprattutto in un contesto di crescente domanda sanitaria.
La chiusura delle case di cura per mesi ha gravi conseguenze per i pazienti che necessitano di cure urgenti o specialistiche, soprattutto considerando che il sistema pubblico spesso non riesce a compensare le carenze del privato. Dire che “si può morire di budget” è una sintesi drammatica, ma rappresenta la gravità della situazione: la salute delle persone non dovrebbe essere subordinata a vincoli finanziari mal gestiti. Se i tetti di spesa non sono adeguati alla reale domanda sanitaria, si rischia di lasciare i cittadini senza accesso a cure essenziali, in particolare per le patologie croniche o gli interventi non rinviabili.
È fondamentale che la Regione e le autorità sanitarie rivedano il modello di finanziamento per garantire la continuità dei servizi e proteggere il diritto alla salute, evitando che la mancanza di fondi impatti direttamente sulla vita delle persone.