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di Filippo Cavallaro
Raccontare storie di vita vissuta sotto forma di romanzo, se porta il lettore ad apprezzare la passione, non è detto che riesca a rispettare lo stile. La “Storia di un corpo” scritta da Daniel Pennac che ho trovato sul quarto scaffale in libreria, insieme a tutta la serie della famosa famiglia del signor Malaussene, risolve il dilemma presentando tutta una vita sotto forma di diario, più o meno puntuale o preciso, ma con una sequenza temporanea che va da quando il protagonista dodicenne ha cominciato a scrivere agli ultimi giorni di vita ad ottantasette anni compiuti.
Le esperienze narrate dal protagonista sono spesso legate alle modificazioni che il corpo declina nello sviluppo e poi via via esprime nella vecchiaia. Un diario dal quale apprezzare anche la crescita morale, le scelte di tipo sociale, politico, e poi l’intimità, la passione.
Un diario racconta ma conta, quantifica le attività, ma anche i rifiuti, le rinunce … la ripetizione ed il dosaggio di azioni e di relazioni.
… forse il diario non è lo strumento migliore, …aiuta, aiuta più chi lo ha scritto, che sa il valore di un gesto che lì è descritto ma non quantificato, è contestualizzato ma non qualificato. Il vissuto è più della cronaca, del diario.
Penso a Salvino, un corpo martoriato da cicatrici, una infinità di interventi chirurgici, almeno uno per ogni specializzazione medica. Una persona simpatica, ha la tracheo, ma ultimamente riesce a non aver bisogno h24 del ventilatore. Fa di tutto per dettarmi le ricette, per consigliarmi come cucinare il pesce ed è molto attento e curioso alle mie attività gastronomiche. È stato un lungo e lento percorso quello che ci ha visti partire dal ventilatore h24 e la posizione supina obbligata. L’altro giorno quando siamo riusciti anche a fargli poggiare i piedi a terra per passare in carrozzina quei pochi minuti per sistemare il letto. Era contentissimo.
Il diario della cartella non descriverà mai quel momento, quel traguardo nella sua interezza.
Era stanchissimo, eravamo al massimo del dosaggio dell’attività motoria per lui. Eravamo ad un traguardo. Un traguardo raggiunto dosando per settimane il movimento delle mani, dei piedi, le delicate manovre di drenaggio per il gonfiore dovuto alla stasi, il movimento poi di mani e braccia, e di piedi e gambe, poi ancora di mani che si allungano per toccare le gambe, del busto che si gira nel letto …
Piccole dosi iniziali di movimento, di attività, ma sempre dosaggio massimo di stima, di rispetto, di fiducia. Il corpo martorizzato, con le sue cicatrici e le sue demolizioni racconta la malattia. Il traguardo vuole affermare la vita.
Filippo Cavallaro