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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Fiducia”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Fiducia”

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di Filippo Cavallaro

Da qualche giorno mio figlio, il libraio, ha una attività virtuale quella di book influencer. Sarà la necessità e l’obbligo di mantenere rapporti a distanza. Sarà che è di moda costruire un hashtag che diventa un aggregatore nel web. Sarà un modo sicuro di fare assembramento. Di fatto sembra essere l’espressione contemporanea della fiducia nello stare insieme in sicurezza. Un hashtag dedicato legato all’emergenza Covid-19, #ioleggoacasa , che conquista seguaci in questo periodo.

Fiducia nel web, fiducia nelle scelte che fa chi governa il paese, fiducia nella scienza e nei ricercatori.

Bisogna imparare ad aver fiducia in se stessi, conoscere le proprie paure e la propria forza per affrontarle. A questo punto mi vengono in mente alcuni classici “Siddharta” di Hermann Hesse, “L’alchimista” di Paulo Coelho, “Il profeta” di Kahlil Gibran. Questi dovrebbero essere formativi e di sostegno per il carattere di ognuno. Dovrebbero essere tra i libri noti a tutti.

L’esperienza con Frida e Sandro ai tempi del Covid Hospital mi porta a riflettere sulla fisioterapia grazie ad un libro di altro tipo, che narra una realtà dura vista con gli occhi ed i ragionamenti di un bambino: il Massimo Gramellini in “Fai bei sogni”.

Frida, emorragia cerebrale a cui si sovrappone l’infezione di Sars Cov 2, è una donna con un dolore costante da irradiazione spastica agli arti di sinistra. Sandro invece si è rotto il femore ed è risultato anche affetto da covid 19.

Li incontro in malattie infettive dopo tutte le procedure di protezione. Queste prevedono di presentarsi al magazzino per la consegna dei dispositivi personali di protezione, andare lungo il percorso pulito nella stanza della vestizione. Qui si compone il puzzle dei Dpi indossando i calzari, i guanti lunghi, la mascherina Ffp2, la cuffia e quindi la tuta bianca intera compresa di cappuccio a cui sovrapponiamo altri guanti, altri calzari e la visiera. Quanta preoccupazione in questo momento di solitaria preparazione. Mi aiuta la frase:

“I mostri del cuore si alimentano con l’inazione. Non sono le sconfitte a ingrandirli, ma le rinunce.”

Così vestito mi trovo sicuramente protetto rispetto al virus ma con grande difficoltà di movimento, di percezione tattile, di percezione visiva. La professione, che è caratterizzata dal contatto, dal “tocco”, è fasciata, imbrigliata. La professione che è caratterizzata dalla comunicazione coerente tra linguaggio del corpo, degli sguardi, delle parole si trova mascherata, annebbiata, filtrata. La professione che è caratterizzata dalla costruzione attenta e su misura di esercizi, di atti terapeutici, di proposte per il superamento dei problemi si trova frenata nel dosaggio, nella somministrazione considerando la grande incognita del rischio di stress respiratorio incombente.

Mi sono trovato a svolgere un lavoro senza alcuna certezza ed a volte utilizzando azioni derivate dallo studio di approcci ormai inusuali. Mi viene in aiuto il passo:

“Non esiste momento più bello, all’inizio di una storia, di quando intrecci le dita in quelle dell’altra persona e lei te le stringe. Ti stai affacciando su un mare di possibilità.”

Mentre proponevo a Sandro gli esercizi per il controllo del tronco per prepararlo alla verticalizzazione lo tenevo per mano, una dottoressa passando ci ha guardato. Io cercavo di tranquillizzarlo malgrado la difficoltà ed il dolore ma l’appannamento della visiera non mi faceva vedere bene i suoi occhi, monitorizzavo la sua stanchezza dal respiro e da come si aiutava con le braccia per mantenere l’equilibrio.

Frida venerdì scorso mi ha riconosciuto appena entrato nella stanza. Incredibile, vestiti con la tuta e la visiera siamo tutti uguali, eppure lei mi ha chiamato per nome sorridendo. Quel giorno ha declinato meglio la chinesi che le proponevo, abbiamo guadagnato nei RomP, ha lamentato meno il dolore.

Penso al testo:

“Pur di non fare i conti con la realtà preferiamo convivere con la finzione, spacciando per autentiche le ricostruzioni ritoccate o distorte su cui basiamo la nostra visione del mondo.”

Frida e Sandro stanno facendo i conti con la realtà e si fidano. Si fidano di persone irriconoscibili che fanno di tutto per dare aiuto. Si fidano di professionisti che svelino una terapia che nessuno di noi conosce nei termini in cui la stiamo affrontando. Noi sappiamo che non c’è una condotta definita. Sappiamo che affrontiamo una realtà ignota, nuova interpretando ciò che viviamo.

La dottoressa che ci aveva osservato mi ferma e mi dice che tra me e Sandro c’era una forte intesa con gli occhi … si apprezzava il lavoro condiviso, all’unisono.