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di Filippo Cavallaro
Uno spazio importante in libreria lo hanno dei testi di cucina, di alimentazione, di diete. Sono volumi invitanti per colori ed immagini, lontani ormai dai testi classici sull’argomento, tipo l’Artusi. Tutti buoni, comunque, ad esaltare le qualità ed i pregi dei vari alimenti e del modo di cucinarli, nonché quale contributo con essi viene dato al metabolismo del nostro corpo.
Un occhio mi è andato su un altro scaffale, da un’altra parte, a “La mia storia senza peso” di Yara Zgheib, una storia di vita, un vissuto rinunciando al cibo, rifiutandolo mentalmente e fisicamente.
Penso a Jaia, una ragazza che ho conosciuto, coetanea di mio figlio libraio, direi con la stessa formazione umanistica, che si è trovata a vivere il rifiuto del cibo.
Mi chiedo se il corpo possa fare una scelta, imporsi una perturbazione, così forte per il proprio metabolismo. Una esperienza che ha portato il suo corpo, necessariamente, per la sopravvivenza, a far uso di tutte le risorse presenti nelle strutture che lo costituiscono. Un agire del corpo in autonomia che è un messaggio chiaro, forte… Jaia! Voglio vivere!
Inascoltato, il corpo arrivò a 25 kg, in rianimazione, aveva consumato tutte le riserve di lipidi, di minerali, di proteine.
Un messaggio: Voglio vivere! Che in quel momento la persona, questa ragazza, carica di tanta serietà epistemologica, animata da pluralismo metodologico, puntando sulla severità morale, non era riuscita a percepire, forte di concetti di coerenza etica. Debole, fragile, in altre strutture corporee. Lei, in cuor suo, si stimava forte, essendo stata anche una promessa juniores nello sport, eppure era arrivata a consumare tutto. A costringere il corpo al coma. Forse era rimasta sola, una persona sola, una mente sola … l’aveva abbandonata anche il corpo. Tutte quante, le tante strutture corporee si andavano a consumare totalmente.
Tante cose noterà chi ha competenze di analisi comportamentali, o di studio dei processi mentali … a me sfuggono, non ho la capacità di fissarle. Il mio compito è dare la possibilità di movimento al corpo. L’ho vista e ci ho provato.
Certo è stata importante una parola per agganciare il pensiero. Certo è stata importante una carezza sul dorso della mano per agganciare il corpo. Poi è stato necessario pensare alle altre parole da legare alla carezza sul viso scarnificato per permettere alla mente di sentire il corpo. Pian piano, movimento a dosi leggere, guidata a sentire le braccia; a dosi leggere, guidata a sentire le gambe; tutto il corpo che fa lentamente un mezzo rotolamento laterale; che guidata ad agganciarsi dal collo con le braccia, si siede … passa il tempo.
Pesata! 35 kg