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di Filippo Cavallaro
Ho ricordato ad un comune amico, l’impegno di Giacomo sulle tecnologie assistive per la qualità della vita. Lui cerca sempre di proteggere ed aiutare la figlia Silvana.
Tra le tante ha realizzato un sensore dell’umidità da poggiare al pannolone. Questo permette di rilevare immediatamente la modificazione di quel dato specifico ed allertare subito senza che Silvana abbia a soffrire per igiene o irrititazione.
Mi vennero in mente, considerando la gravità della condizione di salute di Silvana, i riferimenti tecnologici che in Zero K descrisse Don Delillo. Protetti dalla tecnologia portatile che ci informa di ogni modificazione e ci allarma nel momento in cui i valori vanno fuori norma. Comandi, sensori, allarmi ed interconnessioni che ci consentono di controllare totalmente il corpo ma contemporaneamente a sostituirsi alle sue capacità di controllo e regolazione facendolo incorporeo.
Nella persona disabile grave questa è un’opportunità, in tutta la popolazione può diventare un dramma.
Quella non ha la capacità di governare il suo corpo, non è in grado di percepirlo, forse non lo ha mai conosciuto per capirne il funzionamento, per questo la tecnologia aiuta ad allertare chi l’assiste a monitorizzare lo stato del corpo.
In generale, nella popolazione sana, le tecnologie corrono il rischio di sostituirsi a quanto il corpo possiede come dominio per valutare le proprie condizioni di stato.
Nella stessa pagina del romanzo si descrive il luogo dove ha sede Convergence, un bunker segretissimo e super protetto, viene presentato come un non luogo, alla stessa maniera del non corpo se ipertecnologico.
Scrivendo mi viene da pensare alla sua collocazione in un luogo che è reale ed è diventato ipernominato da quando la guerra in Ucraina ci ha collegato con l’acciaieria Azovstal di Mariupol. Don Delillo ci descrive un luogo in una ex Repubblica Socialista che componeva la CCCP, costruito in una zona sicura e la “struttura rispetta le norme antisismiche, e ogni misura di sicurezza concepibile contro i collassi sistemici”.
L’acciaieria inaugurata dai russi nel 1930 è come una fortezza con i suoi 11 km quadrati, dove insistono gli altoforni, le fornaci, ma anche stabilimenti, capannoni ed edifici per varie destinazioni, con fondamenta robuste e profonde che creano un dedalo di sotterranei collegati tra loro da tunnel e cunicoli.
Per garantire la qualità della vita a Silvana che cresceva ed al resto della famiglia Giacomo e la moglie non esitarono a realizzare molte modifiche strutturali nella casa di Rometta allargando percorsi, modificando i bagni, montando l’ascensore, predisponendo scivoli, questo li obbligò a non tornare in città dove le barriere architettoniche avrebbero condizionato lo stile di vita.
Quando li conobbi mi sembrarono una grande corte amorevolmente dedicata a proteggere ed assistere Silvana offrendole ogni genere di marchingegno tecnologico costruito su misura e modificato puntualmente, per molte decadi, in tutte le fasi di sviluppo della ragazza.
Un successo di amore e di inteligenza.