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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Zoppicare”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Zoppicare”

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di Filippo Cavallaro

“Rodolfo andò in bottega zoppicando e per tutta la giornata si trascinò dietro il piede irrigidito davanti ai clienti” … 

Questa è una frase del romanzo che ho letto ultimamente. Si tratta di “L’uomo che voleva essere una minoranza” di Diego Marani edito nel 2022 da La nave di Teseo. L’uomo è Rodolfo, protagonista del romanzo, barbiere per tradizione familiare. Una persona tranquilla, abitudinaria, conformista al punto tale che alle partite tifa per la squadra con il coro che urla più forte. Fa parte di quella maggioranza sociale che gli permette di essere mimetizzato nelle scelte senza volontà. Una piovosa domenica mattina di novembre, nel momento in cui è salito in macchina con la moglie per andare al centro commerciale, si accorge che sta girando la chiave nel cruscotto. Si accorge che contemporaneamente attorno a lui altre mille automobili erano state messe in moto per raggiungere il grande parcheggio asfaltato e lasciare la macchina fra le righe bianche prima di fare la spesa. 

Si accorge di essere oppresso dall’uguaglianza, e poi giorni dopo nella sua bottega, si rende conto che lui stesso è un guardiano dell’uguaglianza, in quanto è lui che, nel suo mestiere, restituisce l’uguaglianza nel taglio della zazzera, che allungandosi e disordinando i capelli, sarebbe andata dove voleva lei, rendendo unico la persona che la portava. 

Rodolfo decide che deve fuggire dall’uguaglianza, ma non vuole essere unico, originale, è necessario far parte di una minoranza, aveva sentito dire che le minoranze avevano diritti particolari, erano protette, rispettate. Prova ad aderire a varie comunità e tra queste anche a quella delle persone con “condizione di invalidità civile” così come le definisce l’INPS. 

Non credo, che in fondo al pensiero di Rodolfo, ci fosse lo stesso intendimento speculativo che caratterizza il fenomeno dei “veri falsi invalidi”, che ogni anno vengono scoperti e denunciati dalle forze dell’ordine. Voleva beneficiare, senza essere considerato abusivo, della precedenza, delle riduzioni, delle corsie preferenziali che vengono garantite alle persone con difficoltà motorie, senza speculare o truffare la pubblica amministrazione, lo faceva solo per distaccarsi dalla maggioranza e potersi riconoscere in altro. 

Nel romanzo i tentativi di fuggire dalla massa, che lo opprime, sono tanti ed ognuno caratterizzato da un impegno personale per acquisire la specificità della minoranza a cui tende di aderire. 

Nel nostro paese negli anni passati si è fatta retorica sulla ricerca dei falsi invalidi, ci fu anche chi pensava che un quarto degli assistiti INPS fossero dei truffatori. 

Qualche confusione in merito la crea anche la continua innovazione tecnologica, che rende disponibili ausili sempre più avanzati. Anche la denuncia “ciechi che guidano l’automobile”, con i nuovi sistemi di guida autonoma, è diventata una possibilità ed anche una conquista di autonomia. Le automobili che montano questi dispositivi hanno capacità di far funzionare il veicolo per la sua movimentazione, il raggiungimento della destinazione e la consapevolezza dell’ambiente circostante, una complessa combinazione in cui la percezione, il processo decisionale e il funzionamento dell’automobile sono eseguiti da dispositivi elettronici e meccanici anziché da un guidatore umano. 

Rodolfo non chiedeva il mendace asseveramento di problematiche di salute inesistenti, egli pensava che il suo dolorino, la sua sofferenza giustificasse già la fuga dalla maggioranza. La necessità di sorreggersi ad un bastone indicativo di far parte delle persone con disabilità, con i loro problemi ed i loro “privilegi”.

La “lotta al falso invalido” che nelle aspettative governative avrebbe dovuto portare a grandi benefici per le finanze pubbliche è stata un costo enorme per le persone con disabilità. Richiami per i controlli, fatica per loro e le famiglie; Rallentamento ingente dei tempi di lavorazione delle nuove istanze; Uno stigma sociale che li ha bollati in massa come bugiardi. Costo non meglio precisato per l’amministrazione dello stato, per la retribuzione delle commissioni straordinarie incaricate dei controlli. Un risultato che Vincenzo Falabella, presidente della FISH, allora mise in luce sul magazine Superando, bollandolo come «il valore dello stigma e del pregiudizio». Con il paradosso che agli occhi della maggioranza, tipicamente silenziosa e distratta, la persona che si sforza per avere una vita indipendente pur nella sua disabilità, apparisse come un bugiardo, un falso invalido.   

A nessuno fa piacere vivere con il catetere, con il pannolone o con il sacchetto della stomia, sopportare gli esiti delle più svariate patologie invalidanti le strutture corporee, che richiedono l’utilizzo di ausili, più o meno appariscenti ma sempre invadenti la propria libertà. 

Auguro sempre la consapevolezza del corpo che cambia, e la gioia di viverlo sorprendendoci di nuovi limiti e differenti opportunità. Il corpo che si sviluppa nelle varie età della vita, e che ha tanti strumenti per affrontare le condizioni di malattia. Il corpo con la sua vivacità e la necessità di essere governato con stile.