La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Pensiero e ideazione nei soggetti con disturbo dello spettro autistico

Pensiero e ideazione nei soggetti con disturbo dello spettro autistico

Views: 684

di Emidio Tribulato

I gravi disturbi delle emozioni, dei sentimenti e delle sensazioni possono provocare nei bambini con disturbo dello spettro autistico delle alterazioni a livello del pensiero e dell’ideazione. Per Franciosi: “Stati emotivi intensi che superano la finestra di tolleranza personale possono generare pensieri e comportamenti disorganizzati”.[1]

 Quando l’ansia si presenta in maniera molto intensa e brutale, con frequenti attacchi di panico ed è accompagnata da paure irrazionali, da una sensazione di generico malessere e, a volte, da vertigini, sudorazioni e palpitazioni cardiache, essa ha degli effetti paralizzanti sui soggetti colpiti e produce confusione.[2]

 In definitiva quando la nostra mente non è in grado di mettere ordine in un insieme coerente, i pensieri e le esperienze interne ed esterne, insorge un’alterazione più o meno grave della coscienza stessa,[3] che può comportare la perdita della linearità, delle logicità e della coordinazione armonica delle idee e dei pensieri. Il soggetto, in questa condizione, perde le capacità di ordinare in modo coerente i pensieri, le sensazioni e le emozioni e di conseguenza perde anche la capacità di capire anche le situazioni più semplici, ordinarie e quotidiane.[4]

I soggetti con disturbi dello spettro autistico che hanno vissuto per qualche momento o per un certo periodo queste alterazioni del pensiero, riportano nei seguenti termini questa dolorosa esperienza.

Scrive la Grandin: ‹‹Il mondo della persona autistica non verbale è caotico e le crea confusione››.[5] E ancora: ‹‹Si immagini uno stato di iperattivazione nel quale si è inseguiti da un pericoloso aggressore in un mondo di caos totale››.[6] E infine la stessa autrice: ‹‹Nelle persone con gravi deficit di elaborazione sensoriale, la vista, l’udito e gli altri sensi si mescolano, soprattutto quando la persona è stanca o turbata››.[7]

 Therese Joliffe, citata dalla Grandin, afferma:

Per una persona autistica, la realtà è una massa interagente di eventi, persone, luoghi, suoni, e immagini che crea grande confusione. Sembra che nulla abbia confini definiti, ordine o significato. Passo buona parte del mio tempo semplicemente a cercare di capire quale sia la logica che sta dietro alle cose. Routine prestabilite, orari precisi e particolari percorsi e rituali sono tutte cose che mi aiutano a trovare ordine in una vita intollerabilmente caotica.[8]

Frith riporta il caso di Jerri, diagnosticato con autismo da Kanner quando aveva cinque anni. Secondo Jerri le sue esperienze infantili potrebbero essere riassunte sotto forma di due stati esperienziali predominanti: confusione e terrore. Il suo mondo interiore era un mondo minaccioso, denso di stimoli dolorosi che non potevano essere dominati, pieno di rumori insopportabili, di odori opprimenti. Un mondo in cui niente sembrava costante, tutto era imprevedibile e strano. Erano strani e terribili i cani, era un’esperienza terrificante la scuola elementare, perché ai suoi occhi era pervasa dalla confusione più totale, provava spesso la sensazione di finire in pezzi. In tutto questo terrifico caos questo giovane aveva un unico piacere: lavorare con i numeri.[9]

 La Williams trovava il mondo del tutto incomprensibile e doveva sforzarsi continuamente per ottenere dei significati attraverso i suoi sensi. L’autrice racconta l’episodio del lavoro in una fabbrica di pellicce nella quale lei, appena assunta, si era molto impegnata. Il lavoro consisteva nell’inserire degli occhielli nelle pellicce. Purtroppo lei, a causa della confusa e alterata realtà interiore, questi occhielli li aveva inseriti dove capitava, in ogni parte delle pellicce: nelle maniche, nei colletti, nella schiena. Creando in tal modo al titolare un danno di milioni di dollari! [10]

Anche in molti soggetti con autismo di varie età che sono venuti alla nostra osservazione e che abbiamo seguito nel tempo, abbiamo osservato un pensiero instabile ed eccitato, che si smarrisce per strade laterali, nel quale gli elementi ideativi si dispongono l’uno accanto all’altro senza scopo per assonanza o per associazioni superficiali di rapporti puramente esteriori. Un esempio di queste alterazioni del pensiero e dell’ideazione è presente in un racconto di Michele, un bambino di sette anni.

‹‹C’era una volta un cow- boy che voleva un bel cavallo. Il venditore aveva un cavallo omaggio e gli piaceva era suo. Lo vide e lo prese. Era un cavallo rosso di nome Ferrari. Decise di partecipare a una gara di equitazione e partecipò. Partì e vinse. E tutti furono felici e scoppiò una pioggia di asciugamani e il cavallo fece un balletto››.

Quando il pensiero è poco lineare e coerente, le conseguenze sono facili da immaginare: la possibilità di una vita fatta di studio, lavoro e normali relazioni sociali, diventa molto problematica e, nei casi più gravi, praticamente impossibile, anche perché questa condizione patologica tende ad allontanare i coetanei che rimangono perplessi e anche sconcertati non solo dai comportamenti dei bambini con sintomi di autismo ma anche dal loro modo di esprimere e collegare parole e pensieri.

Per fortuna quando in questi bambini si ottiene un miglioramento dell’ansia e delle paure che sconvolgono la loro mente questo disturbo migliora nettamente.

Infatti lo stesso bambino del racconto precedente, in un periodo successivo nel quale il suo mondo interiore era più sereno, dettava questo racconto:

‹‹C’era una volta un bambino che si chiamava Marco. Era il suo primo giorno di scuola. Per prima iniziò la matematica. Era intelligente, buono e sapeva le tabelline. Ha mandato un messaggio al suo amico Luigi per dirgli le vacanze sono finite. La maestra stava per iniziare la matematica. Come si faceva il 120. Semplice dice Marco: 1 centinaio, 2 decine, e 0 unità. Marco era superfelice di aver meritato quel nove. L’ha detto alla mamma e a papà e tutti l’abbracciarono. e gli dissero: “Sei stato bravissimo”››.


[1] Franciosi F. (2017), La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico, Pisa, Edizioni ETS, p. 44.

[2] Sullivan  H.S. (1962), Teoria interpersonale della psichiatria, Milano, Feltrinelli Editore, p. 27.

[3] Galimberti U. (2006), Dizionario di psicologia, Roma, Gruppo editoriale L’Espresso, Vol. 1, p, 498.

[4] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 22.

[5] Grandin, T. Pensare in immagini, Trento, Erickson, 2006, p. 65.

[6] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erickson, 2006, p. 66.

[7] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 83.

[8] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 84.

[9] Frith U. (2019), L’autismo – Spiegazione di un enigma, Milano, Economica La terza, p. 214.

[10] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 74.