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Pensionamento del Prof. Giuseppe Magazzù

Pensionamento del Prof. Giuseppe Magazzù

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di Sergio Conti Nibali

 

Ieri sono stato al reparto Fibrosi cistica del Policlinico di Messina. Non potevo mancare all’ultimo giorno di lavoro del Professor Giuseppe Magazzù, di Peppe. E non potevo non esserci per tanti motivi.

Era il 1975; Peppe, allora giovane medico della Seconda Clinica Pediatrica del Policlinico di Messina, in trasferta a Napoli, eseguiva il primo test del sudore per apprendere la tecnica che potesse consentire di attivare anche nel profondo sud quanto meno la possibilità di diagnosticare la fibrosi cistica. Erano gli anni in cui il direttore della Clinica, il Prof. Lombardo, con lungimiranza, intuì che per uscire dall’isolamento (anche) culturale in cui versava la pediatria universitaria messinese, bisognava aprirsi a realtà più avanzate e, per questo, moltiplicò le esperienze dei suoi giovani collaboratori in centri di eccellenza italiani e stranieri.

Cominciai a frequentare la clinica Pediatrica al V° anno della scuola di medicina e mi accorsi subito di trovarmi in un’oasi felice. Si respirava un’altra aria rispetto agli altri reparti. Conoscevo Peppe per altri aspetti (storie di volley), ma rimasi calamitato frequentando il suo ambulatorio di gastroenterologia: mi rendevo conto che dietro quel camice c’era un medico diverso rispetto ai tanti che avevo visto lavorare in altri reparti; aveva delle caratteristiche che lo rendevano unico. Questa differenza si notava sia nel rapporto con i bambini e i loro genitori che con gli studenti e gli specializzandi. Si capiva lontano un miglio che il suo interesse e quello dei genitori coincidevano, che lui si prendeva carico dei loro problemi, non solo strettamente medici. Così come era esplicito che lui voleva trasmettere ai giovani in formazione sapere e metodo: lo studio attento e critico della letteratura scientifica era la base per lo studio dei casi e per avanzare ipotesi di ricerca.

Ma non erano periodi da rose e fiori. Tutt’altro…. Ho vissuto quasi 15 anni gomito a gomito con Peppe in una continua e a volte estenuante ricerca di spazi vitali. Si, perché nonostante la crescente e quasi strabocchevole richiesta di salute che arrivava pressante al reparto di gastroenterologia e fibrosi cistica, Peppe ha dovuto lottare come un leone in gabbia per avere spazi, risorse e personale adeguati alla richiesta. Erano gli anni in cui si prendeva più coscienza della migrazione dal sud al nord dei pazienti con malattie croniche e la storia che Peppe stava costruendo dimostrava che con pochissime risorse queste storie di dolore inaccettabile si potevano arginare. Ma, purtroppo, erano anche gli anni in cui contava mettere le etichette prima di avere acquisito le funzioni, in cui chi aveva spocchia e prosopopea navigava nell’oro (locali, attrezzature, personale…) girandosi i pollici in reparti semivuoti o con qualche bronchitella da curare. Peppe e la sua banda di giovani lavoravano disperatamente full time nella mitica “stanza 74” di 3 mq in comproprietà con l’endocrinologia del compianto Professor Filippo De Luca e si faceva fatica a trovare un’altra stanza per prendersi carico di pazienti con problemi veri di salute. Solo un persona con l’animo “guerriero” che lo ha sempre accompagnato e contraddistinto in ogni fase della sua “storia” universitaria avrebbe potuto resistere. Alla base di tutto questa lotta di sopravvivenza non c’è mai stata nessuna spinta opportunista; Peppe non ha mai chiesto nulla per se, ma il massimo per i pazienti e le loro famiglie.

Ricordo ancora la reazione del progettista dei nuovi locali destinati al reparto di fibrosi cistica: abituato alle richieste di altri responsabili, aveva proposto una “normale” piantina per il futuro reparto; e, dunque, stanze a 4 letti per i degenti con bagno annesso, stanze per i medici tutte fornite di servizi igienici e stanza del primario ampia con bagno e doccia: tutto da rifare! Le stanze per i pazienti con fibrosi cistica Peppe le ha volute singole, ognuna con bagno e doccia; i medici (primario compreso) avrebbero potuto usufruire tranquillamente di un solo servizio igienico. Dietro questo episodio c’è tutto. C’è l’idea che Peppe ha sempre avuto della medicina e alla quale tantissimi medici hanno attinto: il “mi prendo cura” tante volte ascoltato nelle aule universitarie, ma, finalmente, agito!

Oggi, appena entrato in reparto sono stato inondato da un’atmosfera magica; fatta da attori diversi, ma tutti con lo stesso desiderio di esserci. Famiglie, medici, infermieri, specializzandi, studenti, pazienti, volontari delle associazioni dei pazienti, amministrativi. Nessuno, o quasi, di facciata. Un emozione che si tagliava a fette; impossibile scambiarsi lo sguardo senza trovare occhi lucidi: in ognuno il ricordo di tante battaglie per ottenere diritti, il diritto alla salute tanto sbandierato e in questo reparto veramente attuato; una battaglia condotta insieme alle famiglie, agli operatori, ai pazienti a chi ha creduto e continua a credere che gli ospedali sono degli utenti quanto degli operatori sanitari; e che gli uni e gli altri lavorano per creare insieme salute.

Sergio Conti Nibali, fiero di avere avuto come Maestro il Professor Giuseppe Magazzù