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di redazione
L’iniziativa dell’Istituto Superiore di Sanità per cercare di ottenere valori affidabili sullo stato di salute e di indipendenza della popolazione con più di 64 anni del nostro Paese ha istituito la “Sorveglianza Passi D’Argento” (dal cui sito sono stati ricavati i dati di seguito esposti). Questo tipo di sorveglianza costituisce un moderno approccio cominciato che prende in considerazione la percezione dwllo stato di salute della popolazione producendo in tempo utile un’informazione per gli amministratori, per chi opera nel sistema sanitario, per i soggetti ammalati e per le loro famiglie, in maniera tale da offrire a tutti un’opportunità per fare meglio proteggendo e promuovendo la salute. Tutti aspetti che incidono considerevolmente non solo sulla qualità della vita, ma anche sulla sopravvivenza media.
La percezione del proprio stato di salute è una dimensione importante della qualità della vita. Nelle persone anziane in particolar modo, una cattiva percezione del proprio stato di salute è talvolta correlato a un rischio aumentato di declino complessivo delle funzioni fisiche, indipendentemente dalla severità delle patologie presenti.
In Passi d’Argento le domande relative alla salute percepita o alla qualità della vita vengono raccolte solo fra le persone che sostengono l’intervista in modo autonomo senza ricorrere all’aiuto di un familiare o persona di fiducia (proxy). Nel biennio 2016-2018, l’87% della popolazione con più di 65 anni di età giudica complessivamente positivo il proprio stato di salute (“discreto” l’50%, “bene” o “molto bene” il 37%). Il restante 13% invece ne dà un giudizio negativo, riferendo che la propria salute “va male” o “molto male”. Sono maggiormente soddisfatte della propria salute le persone più giovani (91% fra i 65-74enni vs 78% fra gli over 84enni), gli uomini rispetto alle donne (91% vs 84%), le persone senza difficoltà economiche (93% vs 72% delle persone che riferiscono molte difficoltà economiche), le persone più istruite (93% vs 83% fra persone con basso livello di istruzione). Il gradiente geografiche è molto chiaro e mostra una maggiore prevalenza di persone soddisfatte del proprio salute fra i residenti nel Nord Italia rispetto al Sud. La Regione Piemonte e le P.A. di Trento e Bolzano, si distinguono per la maggiore presenza di anziani soddisfatti della propria salute. La percezione della propria salute rispetto all’anno precedente disegna la progressiva perdita di soddisfazione per la propria salute legata evidentemente all’età e presumibilmente all’insorgenza o all’aggravamento di patologie croniche già esistenti ma mette anche in evidenza come questa progressione sia diversa anche per determinanti sociali: poco più del 30% degli intervistati riferisce di sentirsi peggio rispetto all’anno precedente, ma fra le persone con molte difficoltà economiche questa quota sale quasi al 46%.
Qualità della vita
Il numero medio di giorni vissuti in cattiva salute, sia fisica che psicologica definiti comunemente unhealthy days può considerarsi un indicatore “quantitativo” che dà conto della gravità dei problemi di salute, nella sua accezione più ampia, e dunque della qualità di vita dell’intervistato. Gli anziani intervistati dichiarano di aver vissuto in media 8 giorni in cattiva salute nel mese precedente l’intervista; poco più di 5 giorni sono vissuti per motivi legati a cattiva salute fisica (conseguenze di malattie e/o incidenti); poco meno di 5 giorni sono vissuti per motivi legati a problemi nella sfera psicologica (problemi emotivi, di ansia, depressione e stress). Infine quasi 4 giorni sono stati vissuti con reali limitazioni nel normale svolgimento delle proprie attività, per motivi fisici e/o psicologici. Questo indicatore (unhealthy days) riflette lo stesso profilo socio-demografico delle persone non soddisfatte del proprio stato di salute, ovvero di coloro che riferiscono che la loro salute “va male” o “molto male”. Il numero medio di giorni in cattiva salute totale cresce con l’età (10 giorni fra gli over 85enni), è più alto fra le persone con molte difficoltà economiche (14 giorni) e fra le persone meno istruite (9 giorni), fra le donne rispetto agli uomini (10 vs 6 giorni) e fra le persone con una patologia cronica (8 giorni) aggravandosi fra le persone con comorbidità (13 giorni).