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Pesce crudo e rischio di Anisakidosi o anisakiasi

Pesce crudo e rischio di Anisakidosi o anisakiasi

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L’anisakidosi o anisakiasi è un’infezione parassitaria del tratto gastrointestinale causata dall’ingestione di pesce crudo o non sufficientemente cotto contenente le larve di parassiti (nematodi) appartenenti alla famiglia Anisakidae (che include i generi AnisakisPseudoterranova e Contracaecum).

I parassiti si mantengono nell’ambiente marino attraverso un ciclo che coinvolge i mammiferi marini (balene, foche, delfini) i quali, nel ruolo di ospiti definitivi, ospitano i parassiti adulti nel loro intestino e nello stomaco. Attraverso le feci, i mammiferi marini rilasciano le uova, che dopo la schiusa vengono ingerite dai primi ospiti intermedi, piccoli crostacei che formano il cosiddetto krill, dove si sviluppa la larva di I stadio (L1). Il krill a sua volta viene mangiato da un secondo ospite intermedio, che è un pesce o un mollusco, nel quale le larve passano al II e III stadio larvale (L2 e L3). Quando un pesce o mollusco infetto viene mangiato da un mammifero marino, la larva, nello stomaco e nell’intestino diventa verme adulto e chiude il ciclo di riproduzione. Nei pesci di interesse commerciale sono quindi presenti le larve del parassita.

L’uomo si infetta mangiando pesci o molluschi crudi o poco cotti contenenti le larve in stadio 3 (L3), che nel tratto gastrointestinale causa gravi disturbi e/o reazioni allergiche.

Le larve che infettano l’uomo non si sviluppano diventando parassiti adulti, ma sono destinate a morire, quindi l’uomo non elimina uova alimentando il ciclo del parassita. Inoltre, non è possibile una trasmissione da uomo a uomo, in quanto l’infezione avviene solo attraverso l’ingestione di larve vitali negli ospiti intermedi (pesci o molluschi).

Le larve di anisakidi misurano da 1 ai 3 centimetri (cm) e sono visibili a occhio nudo nella cavità addominale, nell’intestino, sul fegato, sulle gonadi e nei muscoli dei pesci. Hanno una colorazione che varia dal bianco al rosato, sono sottili e tendono a essere arrotolate a spirale su se stesse.

Il rischio di contrarre l’infezione è dato dall’abitudine di consumare pesce crudo o poco cotto. L’infezione infatti è molto frequente nei paesi dove il pesce viene mangiato crudo, leggermente sottaceto o sotto sale: Scandinavia (fegato di merluzzo), Giappone (consumo di sushi e sashimi), Olanda (aringhe fermentate), Bacino del Mediterraneo (alici crude o marinate) e costa Pacifica del Sud America (insalata di mare nota come ceviche).

Nel Mediterraneo il parassita è estremamente diffuso, e vi sono specie di pesci, quali lo sgombro e il pesce sciabola, che raggiungono il 70-100% di infestazione nel pescato.

SINTOMI

Una volta ingerite, le larve di anisakidi spesso muoiono e non provocano disturbi. In alcuni casi, tuttavia, le larve vive possono invadere la mucosa dello stomaco (gastrica) o dell’intestino causando la anisakidosi gastrointestinale.

La forma acuta dell’infezione è generalmente quella gastrica, caratterizzata da nausea, vomito e dolori alla “bocca dello stomaco” (epigastrici) che possono comparire da 4 a 6 ore dopo aver mangiato pesce infestato.

Nella forma intestinale, segni e disturbi (sintomi) possono manifestarsi anche 7 giorni dopo l’infezione con febbre, aumento dei globuli bianchi (leucocitosi), vomito, diarrea, dolori addominali e nausea. Talvolta, le larve possono perforare la mucosa gastrointestinale, causando emorragie.

In rari casi le larve si localizzano al di fuori dell’apparato gastrointestinale (nel mesentere, un ripiegamento della membrana che riveste la cavità addominale, nella cavità addominale etc.).

Possono anche provocare manifestazioni allergiche di vario grado che vanno dall’orticaria alla congiuntivite fino, nei casi più gravi, allo shock anafilattico.

Nelle persone che lavorano nella catena di conservazione del pesce è stata riscontrata una forma di allergia legata alla loro attività che può provocare asma, congiuntivite e dermatite da contatto.

CAUSE

La anisakidosi si contrae consumando pesce crudo o sottoposto a procedimenti non idonei ad uccidere le larve, quali la salagione, l’affumicatura o la marinatura.

Una volta che le larve raggiungono il sistema digerente, si attaccano alla mucosa gastrointestinale e, utilizzando il loro particolare apparato boccale rilasciano enzimi che sciolgono le proteine (proteolitici) perforando così le mucose in profondità e danneggiando l’area circostante al punto nel quale sono attaccate.

Talvolta, possono persino oltrepassare le barriere gastro-intestinali e localizzarsi in altre parti dell’addome, come il fegato, la milza, il pancreas etc.

Nell’uomo, che è un’ospite accidentale, questi parassiti non possono svilupparsi fino allo stadio adulto. Infatti, nel corpo umano gli anisakidi rimangono, in genere, per non più di due settimane, finendo inglobate in un piccolo aggregato di cellule infiammatorie chiamato granuloma.

DIAGNOSI

Poiché i disturbi (segni e sintomi) causati dall’infezione da anisakis sono molto vari, questa malattia spesso non viene riconosciuta immediatamente e viene confusa con altre malattie che provocano disturbi simili, come l’ulcera, l’ostruzione intestinale, il morbo di Crohn, etc.

Per accertare l’infezione il medico curante dovrebbe indagare sull’alimentazione della persona che accusa tali disturbi in modo da poterli collegare ad un’eventuale ingestione di pesce marino crudo o poco cotto.

Tuttavia, l’accertamento (diagnosi) definitivo di anisakidosi si ottiene mediante l’esame endoscopico (gastroscopia, duodenocolonscopia, ecc), che potrà essere anche curativo se si ha la possibilità di estrarre tutte le larve presenti nell’ospite.

Per accertare l’allergia da anisakidi è opportuno eseguire degli esami, come il prick test e l’ImmunoCAP, in grado di rivelare la presenza di immunoglobuline di classe E (IgE) specifiche per gli anisakidi in assenza di IgE specifiche verso il pesce consumato. Questi esami sono molto sensibili ma possono produrre risultati positivi anche in caso di esposizione ad allergeni di altri nematodi, molluschi o insetti a causa della somiglianza esistente tra questi e gli allergeni presenti negli anisakidi (falsi positivi). Per questo motivo è conveniente rivolgersi a laboratori specializzati che hanno a disposizione test più specifici.

TERAPIA

Senza dubbio la cura migliore è la rimozione endoscopica dei parassiti dal tratto gastrointestinale, sempre che sia possibile (nelle forme gastriche). Tuttavia, in casi gravi, per esempio nell’ostruzione intestinale, nell’appendicite o nella peritonite, è necessario un intervento chirurgico. Sono stati descritti casi in cui il trattamento con farmaci antiparassitari quali l’albendazolo ha portato al successo terapeutico.

PREVENZIONE

Il congelamento e la cottura di pesci e molluschi sono i due metodi più efficaci per evitare una infezione da anisakidi.

Per prevenire l’anisakidosi si consiglia di:

  • togliere le viscere dal pesce prima possibile in modo da diminuire il rischio del passaggio delle larve dalla cavità viscerale ai muscoli (parti che si mangiano)
  • assicurarsi che il pesce nella sua totalità, anche le parti più grosse, sia congelato a meno 18 gradi (-18°) per almeno 96 ore (solo i congelatori industriali o quelli domestici a tre o più stelle possono raggiungere questa temperatura). Solo dopo questo trattamento si potrà consumare il pesce crudo (sushi, sashimi, carpacci, pesce affumicato a freddo, pesce marinato) o poco cotto
  • cuocere il pesce, tenendo conto che, per avere la certezza di aver ucciso le larve, l’interno del pesce, anche le parti più grosse, deve raggiungere una temperatura superiore ai 60°C per almeno 10 minuti

La normativa dell’Unione Europea stabilisce l’obbligo per chi vende o per i ristoranti che servono pesce crudo o in salamoia (sale, limone, olio e aceto non hanno alcun effetto sull’anisakis) di effettuare la procedura d’abbattimento preventivo del pesce destinato al consumo a crudo.

L’abbattimento si effettua tramite un’apparecchiatura (tipo freezer) che consente di portare l’alimento a temperature tra i -20 e – 40°C molto velocemente per un tempo variabile dalle poche ore fino a più giorni. Solo con questa procedura si distruggono le larve.

Esiste una normativa europea del 2004 che obbliga l’abbattimento a tutti gli esercizi che vendono o servono pesce crudo.

BIBLIOGRAFIA

Regolamento (CE) N. 853/2004 del Parlamento europeo e del consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale

Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Anisakiasis (Inglese)

LINK APPROFONDIMENTO

Università cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “Agostino Gemelli” e Azienda Sanitaria Locale di Potenza (ASP) Dipartimento di prevenzione – Sanità e benessere animale. Il quaderno della salute. La prevenzione dell’anisakis

Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia. Centro di Referenza Nazionale per le Anisakiasi (C.Re.N.A)

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). Appunti di scienza 12. Anisakis

European Food Safety Authority (EFSA). Scientific Opinion on risk assessment of parasites in fishery productsEFSA Journal. 2010; 8(4):1543

(Fonte: ISS)