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Quando l’integratore disintegra la realtà

Quando l’integratore disintegra la realtà

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A cura della redazione

I nuovi equilibri creatisi all’interno delle organizzazioni che in qualche maniera hanno a che fare con la sanità, finiscono per influenzarne nel bene e nel male l’evoluzione o l’involuzione del sistema.

L’Evidence Based Medicine (EBM) rappresenta oggi il fondamento di un corretto approccio alla patologia riconosciuto dalla Medicina Ufficiale, dalle società scientifiche e attualmente anche dalle assicurazioni nel campo della malpractice. Oggi in Italia si assiste ad una crisi della Farmaceutica e della ricerca in tal campo. Basti pensare alla carenza di nuovi antibiotici capaci di contrastare le infezioni che si fanno sempre più resistenti dentro e fuori dall’ospedale. In effetti, però, la situazione di crisi del settore che si è venuta a creare ha generato lo spostamento dei capitali della farmaceutica (intesa come galileianamente riproducibile) verso un settore fino a qualche anno fa completamente sconosciuto: la nutraceutica e il mondo degli integratori alimentari.

Questa tipologia di prodotti, nella grandissima parte dei casi, sono sintetizzati assemblando vari principi attivi (per lo più di origine vegetale, spesso contenuti negli alimenti che introduciamo) i quali singolarmente sono stati oggetto di studi pubblicati su riviste scientifiche della più svariata natura, prevalentemente attraverso studi pre-clinici o clinici condotti senza controllo in cieco o in doppio cieco certificato. Nella maggior parte dei casi i vari principi attivi vengono poi assemblati in preparati secondo ipotizzate (ma troppo spesso mai provate) sinergie positive finalizzate a risolvere le più svariate malattie. Queste deduzioni non sempre logiche, ma quasi sempre ipotetiche vengono poi snocciolate ai medici attraverso l’ausilio di tecnologie informatiche e grafiche di sicuro effetto ‘impressionistico’, quasi sempre però di modesto spessore logico-scientifico.

Questo tipo di status quo ha una importante valenza nel modo del lavoro: riesce a mantenere la vitalità di un mercato rimettendo in gioco una folta messe di informatori (pseudo-scientifici) riciclati nel mondo degli integratori. Alcuni di questi, una volta vistisi licenziati dai propri datori di lavoro per ristrutturazione delle linee aziendali, hanno investito i propri TFR in start-up del para-farmaco reinventandosi una attività. Altri si accalcano nei corridoi degli ospedali o degli studi medici riciclandosi da informatori scientifici a informatori di integratori con le caratteristiche sopradescritte. A questi si aggiungono coorti di giovani laureati in farmacia o in scienze biologiche, per lo più di sesso femminile, talvolta con ardite minigonne o aderentissimi fuseaux integrati da iperbolici tacchi a spillo che (spesso sottoposti a contratti da fame) cercano di sbarcare il lunario se va bene arrampicandosi sugli specchi di improbabili azioni terapeutiche dei prodotti che consigliano vivamente di prescrivere.

Immaginiamo a questo punto Galileo rivoltarsi nella tomba come un Girmi al solo sentire le deduzioni poco logiche di mirabolanti ed incerti effetti terapeutici corredati da tabelle e grafici colorati con disegni e fotografiche accattivanti.

 

 

Proprio per confermare come non è sufficiente una correlazione anche statisticamente significativa tra eventi diversi che in apparenza possono sembrare connessi vogliamo elencare qui di seguito alcune correlazioni fantasiose e spesso umoristiche consultabili in rete sul sito “Spurious Correlations” (http://tylervigen.com/spurious-correlations). Ben si evince come “la correlazione non equivale alla causalità” attraverso un percorso fatto utilizzando esilaranti grafici che rappresentano l’improbabile collegamento tra situazioni completamente scollegate del tipo: “esiste una correlazione tra film di Nicolas Cage e gli incidenti in piscina?” oppure “Divorzi nel Maine e consumo di margarina”.

Le correlazioni che seguono sono un esempio interessante a cui fare riferimento ogni volta che ci si vede coinvolti in casi di quello che gli anglosassoni potrebbero definire all’italiana “informercial” (Information-commercial) e da cui si evince come con questo modo di procedere gli integratori stanno disgregando la credibilità dei farmaci e del complesso mondo che vi sta dietro.

 

 

Un commento

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