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di Massimiliano Cavaleri
Uno scenario nel complesso positivo sebbene disomogeneo lungo il territorio nazionale e che risponde attivamente ai bisogni dei pazienti affetti da tumore. La radioterapia italiana non ha nulla da invidiare a quella dei Paesi europei ad alte risorse. Il censimento annuale condotto da AIRO, l’Associazione Italiana di Radioterapia ed Oncologia Clinica, registra 183 Centri di radioterapia nel pubblico o nel privato convenzionato, con una sofferenza al Sud e nelle isole; 185 Unità di radioterapia al Nord pari a 7,9 unità per milione di abitanti, 137 al Centro, pari a 7,6 per milione di abitanti e 108 al Sud pari a 5,7. Sono funzionanti 377 acceleratori lineari (LINAC) e 53 unità di radioterapia in grado di eseguire trattamenti con tecnologie ad altissima complessità; oltre a queste 430 macchine per radioterapia a fasci esterni, sono presenti sul territorio italiano 36 per radioterapia intraoperatoria (IORT) e 69 per la brachiterapia ad alto e basso dosaggio.
La radioterapia utilizza radiazioni ionizzanti, in prevalenza raggi X ad alta energia ed è un trattamento salva-vita e una cura fondamentale per molti tipi di tumore. Ma è necessario svecchiare il parco macchine, il 29% delle quali ha più di 12 anni.
«Siamo in linea con gli altri Paesi europei per quanto riguarda il Nord e il Centro, oltre il 60% dei macchinari è in numero sufficiente, per quanto riguarda il Sud si riscontra, invece, una criticità qualitativa e quantitativa delle macchine e delle Unità di radioterapia – dichiara Vittorio Donato, Capo Dipartimento Oncologia e Medicine Specialistiche, Direttore Divisione Radioterapia, AO San Camillo Forlanini di Roma e Presidente AIRO – esiste un’esigenza stringente di rinnovare il parco macchine in tempi brevi per due motivi: un adeguato supporto tecnologico migliora i vantaggi per i pazienti e riduce i tempi di trattamento. Occorre sensibilizzare i decisori politici e i Direttori generali delle aziende sanitarie ad investire per una terapia altamente tecnologica e curativa oltre che assai poco costosa».
In questi ultimi decenni la figura del radioterapista ha acquisito un ruolo sempre più preminente all’interno del team multidisciplinare oncologico. Si tratta di uno specialista altamente preparato, aggiornato e competente in grado di prendere in carico il paziente oncologico in tutto il percorso di cura. Deve essere ancora riconosciuta totalmente la sua fondamentale importanza terapeutica insieme alla chirurgia e all’oncologia medica nella lotta ai tumori. I recenti progressi la rendono indicata per un numero crescente di casi.
«I trattamenti radioterapici sono sempre più mirati ed efficaci – spiega Renzo Corvò, Direttore di Radioterapia Oncologica IRCCS Policlinico San Martino Genova e Presidente Eletto AIRO – la radioterapia riveste un ruolo molto importante per ogni distretto corporeo e per ogni tipo di tumore, può essere impiegata in qualsiasi fascia d’età dal paziente pediatrico fino ai centenari e trova la sua massima indicazione nel tumore prostatico localizzato o in alternativa alla chirurgia dopo i 65-70 anni d’età; nel tumore polmonare in fase iniziale a scopo curativo; nei tumori testa-collo; nel tumore anale. È determinante il suo ruolo nei tumori metastatici, come terapia palliativa classica e palliativa a scopo stabilizzante della progressione di malattia e delle recidive, e poi nei linfomi e in altri tumori del sangue».
I nuovi casi di tumore nel 2019 in Italia sono stati 371.000, di questi 230.000 hanno l’indicazione al trattamento radiante. Si considera un numero indicativo di 450 pazienti da trattare per macchina in un anno, secondo il benchmark stimato a livello europeo dallo studio EORTC-QUARTS e confermato dallo studio ESTRO-HERO; tuttavia molti di questi pazienti non possono accedere alle terapie radianti per diversi motivi (mancanza di personale, inattività o carenza dei macchinari, liste d’attesa). Le tecnologie evolvono rapidamente e di continuo e un corretto approccio terapeutico al paziente con tumore non può prescindere da una adeguato supporto tecnologico.