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La cifra emotiva che caratterizza le relazioni di cittadini e imprese con lo Stato e le sue emanazioni è il malcontento. Della Pubblica Amministrazione italiana si fida solo il 29% della popolazione. All’interno dell’Unione europea un tasso di fiducia minore si ritrova soltanto in Grecia e in Croazia, rispettivamente penultima e ultima nella graduatoria europea. Il dato rimarca una evidente distanza del nostro Paese dalla media Ue, con il 51% di cittadini europei che si fidano delle loro amministrazioni pubbliche, e ancora di più da Paesi come Lussemburgo (80%), Danimarca (75%) e Finlandia (74%), che si collocano ai primi tre posti della classifica (tab. 26).
Erano 3.443.105 i procedimenti civili pendenti nel 2018, secondo quanto riportato dal Ministero della Giustizia. Di questi, il 16,1% era costituito da procedimenti a rischio, ovvero non risolti entro i termini di legge e per i quali i soggetti interessati possono richiedere un risarcimento allo Stato per irragionevole durata.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze quantifica in 26,9 miliardi di euro lo stock di debiti commerciali residui delle amministrazioni pubbliche scaduti e non pagati alla fine del 2018, con riferimento alle fatture emesse dal gennaio dello stesso anno. Per il 60% dei commercialisti italiani, le aziende clienti hanno avuto ritardi nella riscossione dei crediti verso la Pubblica Amministrazione: una situazione che non sembra destinata a migliorare, dal momento che, se per il 53,5% dei commercialisti i ritardi verificatisi sono rimasti uguali negli ultimi dodici mesi, per il 30,6% sono invece aumentati (tab. 28).
I grumi di nuovo sviluppo
Le aggregazioni per stili di vita che fanno sviluppo
Una collettività che ha smarrito il senso dell’investimento sul futuro e ha fatto piazza pulita dei soggetti intermedi ‒ derubricati a meri centri di spesa ‒ non può che convergere sul soggetto, sulla dimensione del presente, sulla vita di tutti i giorni. Sempre più spesso la ricerca di senso, il riferimento etico e la costruzione di relazioni significative vengono collocati nella vita quotidiana: fuori dai grandi progetti di mobilità sociale, fuori dagli investimenti sul futuro professionale o familiare, ma dentro i circuiti di una solleticazione identitaria che si connette alla coltivazione di tante e diverse micro-passioni. Dentro questi circuiti si creano micro-comunità (agevolate naturalmente da internet) composte da persone con le più eterogenee caratteristiche strutturali, ma unite da linguaggi, passioni, aspirazioni ‒ a volte anche effimere – vissute con grande intensità sia sul piano emotivo, sia su quello economico.
Gli italiani dispongono di tempo libero in un ammontare mediamente inferiore a quello dei cittadini dei principali Paesi europei. Con 4 ore e 54 minuti al giorno, ci collochiamo infatti al quint’ultimo posto in Europa. In termini percentuali, destiniamo al tempo libero il 20,4% delle nostre giornate feriali, mentre i tedeschi arrivano al 23,4%, i finlandesi al 24,3%.
Gli italiani appaiono mediamente soddisfatti dell’uso del loro tempo libero, più della loro situazione economica (il 52,6% si dice “abbastanza soddisfatto”, il 13,6% “molto soddisfatto”). Nel 2018 hanno speso circa 71,5 miliardi di euro per attività connesse in diverso modo e a diverso titolo all’uso del loro tempo libero. Si tratta del 6,7% della spesa complessiva delle famiglie e include tutti gli acquisti relativi alla macro-voce “ricreazione e cultura” (fig. 19).
Negli ultimi dieci anni certamente sono aumentati l’interesse e la partecipazione per le attività sociali e culturali. Il numero degli italiani che hanno prestato attività gratuite in associazioni di volontariato è cresciuto del 19,7%. Quello di coloro che hanno visitato almeno un monumento o un sito archeologico del 31,1% e, con riferimento ai musei, la crescita è stata del 14%. E sono più di 20,7 milioni (il 35,3% della popolazione con 3 anni e oltre) le persone che praticano attività sportive (fig. 22).
Rilevante sotto il profilo dimensionale è anche il possesso e la cura di animali domestici: una presenza che sul territorio nazionale annovera 7 milioni di cani e 7,3 milioni di gatti (il 38,8% delle famiglie ne possiede almeno uno), e che supera i 60 milioni di unità tenendo conto di pesci, uccelli e altri animali.
Sul fronte della socializzazione, si assiste anche al recupero di pratiche e comportamenti che affondano nel passato della nostra antica dimensione comunitaria. Il caso delle sagre dei prodotti locali è emblematico: considerando solo i maggiorenni, nell’ultimo anno il 17,5% degli italiani ha frequentato almeno una sagra e la percentuale sale al 23% considerando il segmento più giovane (fig. 25).