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Rapporto Censis, ottavo appuntamento: “I territori del ripiegamento e l’attrattività dell’area milanese e dell’asta emiliana”

Rapporto Censis, ottavo appuntamento: “I territori del ripiegamento e l’attrattività dell’area milanese e dell’asta emiliana”

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Il declino demografico non è uniforme e generalizzato. In soli quattro anni, dal 2015 al 2019, il Mezzogiorno nel suo insieme ha perso complessivamente quasi 310.000 abitanti (-1,5%), l’equivalente della popolazione della città di Catania, contro un calo della popolazione dello 0,6% nell’Italia centrale, dello 0,3% nel Nord-Ovest, appena dello 0,1% nel Nord-Est e dello 0,7% a livello nazionale.
Oggi l’Italia che attrae, e che quindi cresce anche in termini demografici, è fatta di un numero limitato di aree, che disegnano una mappa piuttosto definita. Su 107 province, sono appena 21 quelle che non hanno perso porzioni di popolazione negli ultimi quattro anni, e di queste ben 6 sono in Lombardia, 9 nel Nord-Est, 4 nell’Italia centrale (Prato, Pistoia, Roma e Latina) e solo 2 nel Mezzogiorno (Crotone e Ragusa), attestandosi peraltro su percentuali di crescita dello “zero virgola”.
Con riferimento al periodo 2015-2019, crescono o se non altro tengono: la grande area urbana milanese; le province collegate della valle dell’Adige (Bolzano, Trento, Verona); l’asse della via Emilia incentrato su Bologna (da Parma a Rimini); la piana a nord-ovest di Firenze (Prato); l’area pontina a sud di Roma (Latina).
Il tasso di crescita più elevato (+2,4% negli ultimi quattro anni) è quello registrato dalla provincia di Bolzano che, oltre ad essere rimasta l’unica ancora con un saldo naturale positivo, detiene anche il primato nazionale del Pil pro-capite più elevato. Seguono la provincia di Prato (+1,9%), la città metropolitana di Milano (+1,7%) e la provincia di Parma (+1,4%).
Guardando i valori assoluti, in soli quattro anni l’area milanese (3,2 milioni di abitanti) ha aumentato la sua popolazione dell’equivalente di una città come Siena (ben 53.000 abitanti in più), cui si aggiungono i quasi 10.000 residenti in più della contigua provincia di Monza. Un dato che, da un lato, illustra bene la potenza attrattiva del capoluogo lombardo e, dall’altro, spiega altrettanto bene la centralità della questione abitativa e lo squilibrio tra domanda e offerta sul mercato degli affitti milanese.
Le aree delle città metropolitane di Torino e Napoli perdono circa 33.000 abitanti ciascuna, quelle di Palermo e Genova oltre 20.000 residenti. Catania e Salerno, pur perdendo ciascuna quasi 10.000 abitanti, registrano un decremento più contenuto rispetto alla maggior parte delle realtà del Mezzogiorno (rispettivamente, -0,8% e -0,9%), allineandosi sostanzialmente con la media nazionale.
Nel 2018 l’area milanese, con 68.000 nuove iscrizioni, supera quella romana (57.000) per quanto riguarda la dimensione dei flussi in arrivo. Il dato del 2012 registrava al contrario 91.000 nuove iscrizioni nell’area romana contro le 77.000 di quella milanese (figg. 14-15).
Che cosa è successo in questi anni? L’area romana ha visto crollare l’arrivo di immigrati stranieri (è di 20.000 unità la differenza tra il 2012 e il 2018), ma sono diminuite in misura rilevante anche le iscrizioni dalle altre regioni italiane, e perfino dal resto del Lazio, a dimostrazione di un appannamento dell’appeal della capitale. Di contro, negli stessi anni l’area milanese, che pure ha registrato una diminuzione delle iscrizioni dall’estero, ma molto più contenuta, ha tenuto molto bene sul fronte degli arrivi dal resto del Paese, compresi quelli dalla stessa Lombardia, confermandosi, insieme a Bologna e ad alcuni poli urbani della via Emilia, l’area italiana a maggiore attrattività.