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Esperti a confronto su Pnrr e regolamenti europei, bilanci, criticità e opportunità per il Ssn’
Tra Pnrr e Regolamenti europei sui dispositivi medici, a che velocità viaggia la Sanità ad alta tecnologia? Al quesito, con l’intento di approfondire l’impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza-Pnrr sul sistema salute italiano, la rivista IHPB-Italian health policy brief ha dedicato un numero speciale (‘Sanità ad alta tecnologia: a che punto siamo? Pnrr e regolamenti europei, bilanci, criticità e opportunità per il Ssn’) presentato in data odierna all’interno di un evento istituzionale patrocinato da Confindustria dispositivi medici.
L’attenta analisi arriva alla vigilia dell’applicazione del nuovo Regolamento europeo sui dispositivi diagnostici in vitro (Ivdr 746.2017) e a dieci anni esatti dai primi lavori di revisione della normativa di settore.
Tra i contributi raccolti nella pubblicazione e condivisi online di fronte ad un pubblico di specialisti, aziende e media, figurano quelli di Massimiliano Boggetti (presidente di Confindustria dispositivi medici), da Ferdinando Capece Minutolo (responsabile regulatory affairs di Confindustria dispositivi
medici), di Roberta Marcoaldi (direttore dell’Organismo notificato presso l’Istituto superiore di sanità), di Fernanda Gellona (direttore generale di Confindustria dispositivi medici) e di Umberto Nocco (presidente dell’Associazione italiana ingegneri clinici).
Sui dispositivi in vitro, il cui Regolamento di imminente applicazione si presenta come l’autentica novità dell’intero settore, è intervenuta Roberta Marcoaldi, che ha precisato che questi device ‘sono una particolare categoria di prodotti che possono essere utilizzati in differenti ambiti che vanno dai laboratori di analisi fino all’ambiente domestico nel caso degli autotest’.
‘Essi- ha aggiunto- hanno l’obbligo di riportare la marcatura CE, ma secondo la Ivdd 98/79/CE solo una minima parte dei dispositivi, si stima il 10% circa, presenta questa caratteristica a seguito dell’intervento di un Organismo notificato: di fatto la maggior parte dei dispositivi hanno una marcatura apposta sotto l’esclusiva responsabilità del fabbricante’.
‘Col nuovo Regolamento- ha precisato Marcoaldi- la percentuale dovrebbe salire al 95% garantendo un maggior controllo conseguente alla valutazione da parte di un organismo notificato. A questo si aggiunge anche un’altra novità, ancora più importante: la classificazione dei dispositivi in base al rischio e in funzione della loro destinazione d’uso’.
Nei fatti, il mondo della Sanità ad alta tecnologia, quello dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature, è un universo in continua evoluzione che è alla base di un parco di 1,5 milioni di unità tecnologiche utilizzate per la salute e per il benessere nel nostro Paese.
In Italia, secondo l’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici, ci sono 18mila apparecchiature di diagnostica per immagini obsolete, come risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi.
Il 71% dei mammografi convenzionali, giusto per fare un esempio, ha superato i 10 anni di età, il 69% delle Pet ha più di 5 anni e il 54% delle risonanze magnetiche chiuse 1,0 T hanno ancora oltre 10 anni.
Il Pnrr prevede un investimento che mira all’acquisto e al collaudo di almeno 3.133 apparecchiature in sostituzione di quelle obsolete e fuori uso entro la fine del 2024.
Numeri importanti per un mondo tanto importante, quanto spesso sottovalutato nelle scelte di politica e programmazione: ‘Abbiamo compreso l’importanza dei dispositivi medici quando, nel piano della pandemia da Covid-19, ci siamo ritrovati senza mascherine e reagenti per i tamponi e abbiamo dovuto acquistare all’estero prodotti e strumenti indispensabili per affrontare la crisi- è la sottolineatura proposta da Massimiliano Boggetti a commento dello stato di salute dell’intero settore-. E ciò è accaduto quale esito di una politica che ha dimenticato la centralità della white economy per l’Italia’.
‘Per invertire la tendenza- ha poi spiegato- serve incentivare la produzione sul nostro territorio, sia di aziende nazionali che estere, per renderci più indipendenti dalle importazioni. Occorre inoltre sostenere le imprese a fare ricerca nei poli tecnologici e nelle tante strutture cliniche di eccellenza presenti nel nostro Paese. Su questo fronte nel Pnrr non ci sono iniziative per rafforzare il nostro comparto attraverso una politica industriale che incentivi nuovi investimenti. Oggi, anzi, siamo svantaggiati sia da una tassazione tra le più alte rispetto ai grandi Paesi e in Italia rispetto ad altri comparti’.
‘Gli investimenti destinati alla sanità dal NextGenerationEu- ha concluso Boggetti- rappresentano un’occasione per farlo. Lo sforzo dovrà però essere quello di utilizzare al meglio gli strumenti che l’innovazione tecnologica mette a disposizione per massimizzare gli investimenti e realizzare una nuova sanità a misura delle persone’.
Ma i Regolamenti europei sono utili a questa ‘svolta tecnologica’ che tutti auspicano?
‘Certamente possono essere utili ma, purtroppo, la più grande novità di questa prima metà del 2022, per quanto riguarda l’attuazione delle normative sui dispositivi, è la preoccupante mancanza di notizie- ha sottolineato Ferdinando Capece Minutolo- aspetto che pone più di qualche perplessità circa l’operato della Commissione europea su come gestire i tanti temi ancora da definire anche in riferimento al Regolamento 746: siamo a ridosso della data di applicazione, prevista per il 26 maggio, e ci troviamo di fronte a uno scenario che potrebbe mettere a rischio la disponibilità e l’accesso al mercato dei dispositivi diagnostici in vitro per strutture sanitarie e pazienti’. Carenza di informazioni che lascia ‘nel limbo’ sia i sistemi nazionali, che il settore produttivo, anche tenendo conto che la banca dati Eudamed è ancora lontana dall’essere completamente operativa.
Altra considerazione emersa durante l’evento di IHPB, estremamente e dolorosamente attuale: l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha fatto chiaramente capire quanto i dispositivi siano importanti per la salute e la sicurezza di tutti e ha evidenziato quanto sia importante avere una fornitura ininterrotta degli stessi.
In questo senso il conflitto in Ucraina può complicare le cose: è quanto ha sostenuto apertamente Fernanda Gellona: ‘La produzione di alcuni dispositivi medici sta subendo fortemente la crisi delle materie prime, con un incremento dei costi dei prodotti finiti del +29,6% e i già evidenti problemi di
approvvigionamento dei materiali si stanno aggravando a causa del conflitto russo-ucraino. Le conseguenze potrebbero essere una forte difficoltà a rifornire gli ospedali e un conseguente forte
impatto sull’intero sistema sanitario nazionale e sull’accesso alle cure e alle tecnologie da parte dei cittadini’.
‘Lo scenario che si profila- ha poi detto- è alquanto preoccupante soprattutto nel nostro Paese, dove alle difficoltà macroeconomiche causate dalla pandemia, dal conflitto europeo e dai costi derivanti dai nuovi Regolamenti, si sommano politiche di acquisto incentrate sul prezzo più basso e un sistema di tassazione specifico per il settore, che rendono l’Italia sempre meno attrattiva per le imprese’.
Carenza di informazioni che lascia ‘nel limbo’ sia i sistemi nazionali, che il settore produttivo, anche
tenendo conto che la banca dati Eudamed è ancora lontana dall’essere completamente operativa.
Altra considerazione emersa durante l’evento di IHPB, estremamente e dolorosamente attuale: l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha fatto chiaramente capire quanto i dispositivi siano importanti per la salute e la sicurezza di tutti e ha evidenziato quanto sia importante avere una fornitura ininterrotta degli stessi.
In questo senso il conflitto in Ucraina può complicare le cose: è quanto ha sostenuto apertamente Fernanda Gellona: ‘La produzione di alcuni dispositivi medici sta subendo fortemente la crisi delle materie prime, con un incremento dei costi dei prodotti finiti del +29,6% e i già evidenti problemi di
approvvigionamento dei materiali si stanno aggravando a causa del conflitto russo-ucraino. Le conseguenze potrebbero essere una forte difficoltà a rifornire gli ospedali e un conseguente forte
impatto sull’intero sistema sanitario nazionale e sull’accesso alle cure e alle tecnologie da parte dei cittadini’.
‘Lo scenario che si profila- ha poi detto- è alquanto preoccupante soprattutto nel nostro Paese, dove alle difficoltà macroeconomiche causate dalla pandemia, dal conflitto europeo e dai costi derivanti dai nuovi Regolamenti, si sommano politiche di acquisto incentrate sul prezzo più basso e un sistema di tassazione specifico per il settore, che rendono l’Italia sempre meno attrattiva per le imprese’.
Nelle parole dei professionisti coinvolti nella pubblicazione ‘Sanità ad alta tecnologia: a che punto
siamo?’ ci sono comunque grandi speranze, non per sottovalutazione delle criticità, ma per la coscienza del fatto che ci troviamo di fronte ad un passaggio ‘epocale’: la sanità ad alta tecnologia è la grande opportunità per una sanità di prossimità, interconnessa e sicura.
A quali condizioni si può realizzare questo passaggio? ‘Come professionisti in prima linea- è stata la voce di Umberto Nocco- siamo consapevoli della vastità della sfida tecnologica e sappiamo benissimo che non basta acquistare o rinnovare tecnologie per produrre modifiche efficaci e utili, come anche il
periodo della prima ondata pandemica ci ha insegnato. È per questo che ci siamo da tempo posti in una posizione di osservazione attenta rispetto ad un Piano che certamente infonde risorse importanti per il sistema Paese, ma che richiede grande intelligenza, progettualità e capacità di sguardo prospettico affinché la grande occasione offerta non sia sprecata’.
‘È la sfida della ‘cultura tecnologica’- ha concluso-piattaforma di riferimento per i professionisti, per i manager della sanità, per le organizzazioni e per tutto il Ssn’.