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“Spazi, scenari e situazioni, talvolta paradossali, si moltiplicano nella poetica propensione di Chinnici, trasformando il percorso del suo vissuto in un magico labirinto, in cui è difficile perdersi, perché Diego Celi ha la rara capacità di prendere virtualmente per mano il lettore e trasportarlo, nel proprio modo di rivivere molteplici sensazioni di due vite, in un percorso talvolta parallelo e altre volte in totale contrasto, in cui l’Arte prevale e concorre ad appianare ogni ostacolo virtuale e non…” – Josè Van Roy Dalì
Diego Celi, autore, ha realizzato un libro su Lorenzo Chinnici, pittore. Tele nascoste è il titolo del volumetto di circa ottanta pagine che, con ricchezza di dettagli, riferisce del mondo pittorico del Chinnici come del suo vissuto. Seppur nello spazio limitato che l’esiguo numero di pagine concede.
Pubblicato da Giambra Editori nel 2019, il libro gode di una prefazione a firma di un nome eccellente, quello di José Van Roy Dalì, figlio del più celebre Salvador Dalì. Ed è nell’introduzione che il lettore ha modo di conoscere come e perché è nata l’idea di un libro su Chinnici.
Fin da subito l’autore si è posto degli interrogativi su ciò che avrebbe scritto e riferito a proposito del pittore; precisamente dal momento in cui ha ricevuto la telefonata di Francesco, figlio di Chinnici, in cui chiedeva a Diego Celi la disponibilità di scrivere su suo padre.
Assalito da più di un dubbio, circa il contenuto del libro e la sua contestualizzazione, Celi ha risposto che sì, sarebbe stato felice di far conoscere il percorso di vita e artistico di Renzo, come l’autore definisce confidenzialmente il Chinnici.
È da Carlo Goldoni, celebre commediografo, che l’autore prende lo spunto per iniziare a raccontare del pittore, con l’amore che fa da sfondo al testo teatrale “Le baruffe chiozzotte”.
Commedia che Adolfo Celi prende in prestito in quanto contiene un chiaro riferimento alle donne che hanno occupato un ruolo importante nella vita di entrambi i Chinnici. Padre e figlio.
Così, come in una delle opere più famose del commediografo veneziano le chiacchiere delle donne e le gelosie animano la finzione teatrale, in uguale misura le donne sono elemento imprescindibile della vita di questi due uomini. Aspetto questo che dà adito a un rapporto, spesso difficile, che padre e figlio hanno intessuto durante la loro convivenza.
Dal clima festoso in cui Diego Celi si trova immerso durante un incontro con il pittore, la riunione si trasforma in qualcosa di molto diverso. Da una severa arringa, lanciata dal padre, emergono conflitti non risolti, anche se amore paterno e filiale occupano sempre un posto di sicuro rilievo in tale contesto.
Ed è qui, che l’autore si serve di figure mitologiche per creare similitudini con i Chinnici, delegando i personaggi in questione a un confronto con quelli omerici: Mimma, madre e moglie, è Penelope, in quanto dotata di pazienza e prudenza.
I Chinnici, padre e figlio, secondo l’autore sono paragonabili a Telemaco e ad Ulisse, due personaggi omerici per definizione. Ancora, Edipo e Narciso, in un raffronto tra Francesco e Renzo, figure rivisitate anche da Freud.
Ma, per apprezzare il testo, è doverosa una breve presentazione dell’artista, che durante la sua non sempre facile esistenza, ha realizzato un’ampia e valida produzione pittorica.
Quello tracciato da Diego Celi è un profilo che si riferisce alla vita del Chinnici, che si consuma soprattutto a Merì, in provincia di Messina, suo paese d’origine. Territorio a cui è legato visceralmente e luogo di nutrimento per i suoi ricordi, e da cui trae ispirazione per la sua arte.
Unico erede di genitori belli e pieni di fascino, Renzo non vive nell’agiatezza che avrebbe dovuto venirgli per parte di padre, perché il matrimonio dei suoi genitori naufraga miseramente.
Tuttavia, la nonna e la madre con serenità crescono il piccolo, diventando per lui figure di sicuro riferimento, e a cui rimarrà sempre un affezionato debitore, tanto che, come lui stesso afferma, la figura paterna è stata sostituita da due madri.
L’ingegno di Renzo è evidente fin dalla più giovane età, ma quando si allontana dal luogo natio per studiare altrove il suo profitto scolastico è piuttosto deludente.
A sollecitare il suo intelletto è soprattutto il disegno.
Per il Chinnici, un incontro importante sarà quello con l’artista Furnari che gli regala colori e suggerimenti per riprendere ciò che i suoi occhi vedono.
Grazie all’insistenza delle sue ‘due madri’, il Chinnici va a Messina per conseguire il diploma di geometra. Che otterrà con risultati proficui, e sarà mezzo per iniziare a lavorare presso uno studio di ingegneria. In seguito, consegue un nuovo diploma presso l’Istituto d’arte e l’abilitazione all’insegnamento del disegno.
A questo punto, con una professione già consolidata, sposa Mimma. Mimma è personaggio centrale della narrazione del Celi.
In una similitudine fortunata è messa in relazione con Agnese, madre di Lucia de I promessi Sposi, un modello che incarna perfettamente la custode del focolare domestico. Mimma, però, ricopre un ruolo più importante che non quello di regina della casa. Perché è ago della bilancia che dà stabilità ed equilibrio a padre e a figlio, e a dinamiche familiari spesso in forte contrapposizione fra loro.
“Sono stato un uomo fortunato. E se il mio matrimonio ancora è in piedi ciò è dovuto principalmente alla intelligenza, alla comprensione e alla pazienza di Mimma, non certo a me che sono stato tante volte intemperante”.
Così Lorenzo Chinnici si esprime descrivendo Mimma, la sua compagna di vita.
Intanto, il suo amore per la pittura trova realizzazione nei suoi quadri, che raffigurano al contempo personaggi intrisi di dolore e di forza. Ma sono anche pregni di dignità. Lotta e dignità, elementi dietro cui si sono fatte scudo madre e nonna per affrontare le avversità della vita, e perciò rimaste emblema di figure eroiche nella vita dell’artista.
La vita del Chinnici non è stata costellata di eventi solo positivi.
Nonostante l’amorevole e solida presenza di Mimma, a un certo punto della sua vita arriva la depressione, subdola e inaspettata, che grava su di lui come la mannaia grava sul capo dell’imputato. Si manifesta d’improvviso e sembra non lasciargli speranza; soltanto con il tempo e con alcuni rimedi ne uscirà, anche se non proprio indenne.
Perché la depressione gli lascia una caratterialità che prima non gli apparteneva, e che adesso incide sul suo equilibrio psicofisico.
Ad aggravare il suo stato di salute sopraggiunge anche la maculopatia, patologia che condiziona anche il suo stato d’animo. Sono anni abitati dal buio quelli che il Chinnici deve affrontare, in netta contrapposizione alla policromia che trova spazio nella sua arte.
Comunque, grazie ad aiuti esterni, quali la psicanalisi, la presenza di Mimma e la sua passione per la pittura, Chinnici si risolleva e riesce a non sprofondare nel baratro che si è aperto sotto di lui.
Gli artisti che hanno contribuito a fare di Chinnici un pittore di sicuro apprezzamento di pubblico e di critica sono due: Furnari, compaesano di Renzo, e Renato Guttuso. Il primo, già menzionato, il secondo ha affascinato con il suo carisma il bambino che Renzo è stato.
La produzione artistica del Chinnici è vasta e consolidata, confermata anche da opinioni più che positive, sia sulla scena nazionale come su quella internazionale. Apprezzamenti che gli hanno permesso di intrecciare legami importanti, umani e professionali, i quali hanno dato a Renzo la forza di continuare a fare arte.
Un nome fra tutti è quello del Rettore dell’Università degli studi di Messina che in occasione di un concorso di pittura gli ha assegnato il primo premio. Ed è allora che nasce il Maestro Chinnici, e la sua fama attira l’attenzione di critici d’arte affermati.
Vittorio Sgarbi è fra questi.
“Due fattori più di altri mi sembrano avere influito sulla vita e l’opera di Lorenzo Chinnici, pittore siciliano di sana vocazione popolare. Uno è l’incontro iniziatico, nel 1953 con Renato Guttuso, quando Chinnici era solo un bambino, ma già con le idee molto chiare sulle sue aspirazioni artistiche e voglioso di apprendere dal già noto Maestro. L’altro è la convivenza, ormai da lunghissima data, con la malattia, capace di attentare il senso per antonomasia della pittura, la vista, menomando Chinnici in maniera particolarmente pesante…” – Vittorio Sgarbi
Ma quale è la vera ‘tela nascosta’, quella più importante per il Maestro, quella che va oltre le sue opere?
È quella dietro cui si cela il rapporto padre e figlio, rapporto molto conflittuale, come dichiarato da entrambi attraverso i loro atteggiamenti.
Il legame che unisce i due è frutto di contrasti non risolti. Un connubio che ha preso forma soprattutto da quando Francesco ha iniziato ad occuparsi dell’aspetto commerciale della pittura di Renzo.
La relazione tra padre e figlio è competitiva, come la definisce l’autore; forse a livello inconscio, ma pur sempre è una competizione animata da un’accesa sfida che spesso porta i due a scontrarsi. O forse, sarebbe più corretto affermare che esiste un predominio psicologico dell’uno nei confronti dell’altro, nonostante il vincolo del sangue che li unisce sia indissolubile.
Quando Francesco afferma: sono un prodotto creato da mio padre, in lui vi è una sorta di ribellione e di consapevolezza di un legame soffocante e lieve al contempo.
Francesco ritiene che il padre abbia poca considerazione di lui, in realtà, il pittore sembra avere del figlio un’opinione alta, considerandolo un creativo.
“Questo ‘particolare’ pamphlet non ha la supponenza di essere una tela d’Autore né tantomeno ha lo scopo di essere esaustivo. Chi lo ha scritto non è un critico d’arte e nemmeno uno scrittore…” – Diego Celi
Il libro è sviluppato in due parti, ben distinte ma speculari fra loro, nelle quali la prima anticipa un commento in italiano. Nella seconda, viene riproposto lo stesso commento ma in lingua inglese. Corredato da numerose immagini che rappresentano le opere del Chinnici, realizzate tutte con una grafica egregia, sono elemento che arricchisce un volume di ampia valenza artistica e personale.
“Ritengo riduttivo attribuire alla depressione ciclica e alla maculopatia ingravescente la chiave di lettura del mondo artistico di Chinnici. Sicuramente sono elementi importanti, ma non sufficienti a spiegare e comprendere l’emozione e il desiderio che la sua pittura esprime”. – Diego Celi
Carolina Colombi