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Abbiamo vissuto giorni e mesi difficili a causa dell’epidemia del coronavirus che, anche se alle nostre latitudini non ha assunto le dimensioni della catastrofe, ha tuttavia cambiato molte cose nelle impostazioni degli assetti sanitari, ma anche nella mentalità dei cittadini. Riteniamo che gli operatori del sistema sanitario, ai diversi livelli, dall’infermiere al dirigente, abbiano svolto al meglio il loro impegno e non siamo intervenuti, anche perché, come si suol dire, non bisogna disturbare il manovratore. Oggi, essendo entrati nella cosiddetta Fase2 e che c’è un clima non più drammatico, ma non ancora di ritrovata normalità, qualche considerazione riteniamo di poterla esprimere. Uno degli effetti collaterali più gravi che la pandemia ha determinato è stato quello di ingenerare l’idea che l’ospedale, in genere, non fosse più un posto sicuro, a maggior ragione quel nosocomio che ospitava un reparto covid. E cosi, oltre al fatto che d’ufficio le Direzioni sanitarie hanno rinviato e riprogrammato gli interventi non urgenti, molti pazienti, di propria iniziativa, hanno rinunciato a visite e controlli. Questo è quanto affermano le statistiche condotte recentemente in campo nazionale e riferite anche a soggetti interessati da patologie oncologiche in cui il fattore tempo non è irrilevante. Ciò significa che, dopo quanto è successo, occorre fare uno sforzo importante, culturale e di comunicazione, per restituire al cittadino ed al paziente la dimensione di “ospedale sicuro”. E tutto questo va fatto senza tuttavia abbassare la guardia, perché il covid 19 non è debellato, la Corea del Sud ha dovuto ripetere il lockdown, la Lombardia, non affatto sanata, dal 3 giugno riaprirà le frontiere.
Anche dalle nostre parti questa fase di transizione sta creando qualche problema, l’Ospedale di Barcellona, che ha svolto una eccellente funzione nella fase acuta della epidemia, non solo è privato di alcuni reparti che sono stati trasferiti a Milazzo, ma viene altresì considerato, nell’immaginario collettivo, come una sorta di luogo a rischio, cosa assolutamente priva di fondamento. Anche da questo deriva uno sbilanciamento di presenze che grava sull’Ospedale di Milazzo creando disservizi evitabili. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una situazione di fronte alla quale bisogna porre rimedio, non già per dare risposta a storici campanilismi o ad eventuali ansie di protagonismo, ma per inquadrare un tema reale in un’ottica di rilancio della sanità in un contesto territoriale ad alto rischio sanitario dove insiste una popolazione di oltre 120mila abitanti. Ribadiamo pertanto che rispetto ad una ripartenza che tenendo conto di quanto realizzato, sia intenzionata a impostare efficaci strategie per una efficace ripartenza che veda al centro il cittadino con i suoi bisogni, noi ci siamo e ci saremo.
Comuicato stampa
Giovanni Frazzica
Coordinatore Tribunale per i Diritti del Malato Per la provincia di Messina