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È stato pubblicato oggi su Jama Surgery Prophylactic Salpingo-Oophorectomy and Survival After BRCA1/2 Breast Cancer Resection[1], un lavoro scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) condotto in pazienti operate di neoplasia mammaria e portatrici di mutazione germinale BRCA 1 o 2, che dimostra un significativo miglioramento di sopravvivenza in quelle che hanno effettuato la salpingo ovariectomia profilattica rispetto a quelle che non l’hanno effettuata. Lo studio ha evidenziato un’evidente diminuzione di mortalità per neoplasia ovarica, forma tumorale che ha un’alta incidenza nelle pazienti mutate soprattutto BRCA1 e un effetto protettivo in termini di riduzione di mortalità per carcinoma mammario soprattutto in pazienti con tumore al seno triplo negativo. Una notizia, questa, che assume una valenza in più, perché arriva nel mese di ottobre, dedicato alla diffusione delle conoscenze sul tumore al seno. “Il lavoro scientifico che abbiamo condotto è stata fonte di informazioni basilari” – sottolinea Gabriele Martelli, oncologo e chirurgo senologo S.C. Chirurgia Generale oncologica 3 – Senologia e prima Firma dello studio – “Prova con dati inconfutabili il ruolo fondamentale della salpingo-ovariectomia profilattica, cioè dell’asportazione di ovaie e tube, nel determinare un significativo miglioramento della sopravvivenza globale e riduzione della mortalità specifica in donne operate di carcinoma mammario e portatrici di mutazione germinale BRCA 1 o 2”.
“Sottolineo che si tratta di uno studio condotto interamente nel nostro Istituto, grazie al lavoro dei nostri ricercatori con risultati che stanno avendo un forte impatto a livello nazionale e internazionale” – specifica Marco Votta, Presidente INT – “Il nostro Centro ha condiviso scoperte rivoluzionarie nell’ambito dei trattamenti oncologici a salvaguardia delle donne grazie a ricercatori di fama mondiale quali Veronesi, Bonadonna, De Palo. Questa ricerca aggiunge un prezioso tassello nella lotta contro i tumori del seno e delle ovaie, e fornisce risultati che rinforzano ancora di più il nostro posizionamento in ambito oncologico”.
L’ analisi delle cartelle cliniche e della storia delle pazienti è durata tre anni e ha portato a delineare la struttura del lavoro scientifico. I test genetici per identificare la presenza della mutazione genetica sono stati eseguiti in caso di pazienti con una storia familiare di cancro al seno o alle ovaie o con una giovane età alla diagnosi di cancro al seno. Lo studio di coorte è stato condotto su 480 pazienti che hanno subito un intervento chirurgico per cancro al seno tra il 1972 e il 2019 presso l’ Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: 290 pazienti (60,4%) avevano la variante BRCA1 e 190 (39,6%) la variante BRCA2.
“Le donne oggi sono consapevoli di ciò che significa una diagnosi di tumore e sanno quale rischi può portare con sé la presenza di una mutazione genetica. Vogliono essere rassicurate, ma soprattutto informate e con dati scientifici alla mano, al fine di scegliere il percorso che dà più fiducia, che permetta di proseguire coi progetti di vita. Con i risultati di questo studio possiamo farlo perché abbiamo più informazioni sostanziali nell’approccio alla malattia e soprattutto nelle donne con tumore al seno BRCA1 che si ammalano da giovani. Vale a dire, quando la costruzione dei progetti di vita è all’apice”. – spiega Martelli.