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di Salvo Rotondo
Il rapporto OCSE 2024 “Health at a Glance: Europe” sullo stato della sanità in Europa mette in evidenza che l’Italia ha raggiunto una serie di record negativi, mettendo a rischio la stabilità del nostro Sistema Sanitario, con preoccupanti prospettive di peggioramento. Le difficoltà dell’Italia derivano da radici profonde: la politica degli ultimi trent’anni non ha adeguatamente prevenuto i rischi, ai quali si sono aggiunti il prevedibile invecchiamento della popolazione e le imprevedibili gravi conseguenze della pandemia da Covid-19. Tra i rischi principali della nostra Sanità ci sono il prossimo pensionamento di una parte significativa del personale medico e l’aumento della disaffezione verso la carriera infermieristica.
L’invecchiamento demografico comporterà un aumento della domanda di cure per mantenere l’Italia al vertice della speranza di vita, che con i suoi 83,8 anni è seconda solo alla Spagna. Tuttavia, il 54% dei medici italiani ha più di 55 anni e il 27% supera i 65 anni, prefigurando una prevedibile “diaspora pensionistica” del personale medico, che raggiungerà il suo apice nel 2025, mettendo a rischio la qualità delle cure. In parallelo, l’Italia soffre di una grave carenza di infermieri, con solo 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, ben al di sotto della media europea di 8,4. Solo la Spagna (6,2) e la Grecia (4,9) sono messe peggio. Inoltre, il calo delle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica, quasi dimezzate dal 2012 nonostante l’aumento dei posti disponibili, e l’emigrazione di infermieri formati in Italia, aggravano ulteriormente la situazione.
In risposta, il governo ha proposto l’importazione di infermieri dall’India di cui resta incerta e preoccupante la garanzia di una formazione adeguata. Per attrarre personale medico e infermieristico, è urgente aumentare gli stipendi, tra i più bassi d’Europa, secondi solo alla Grecia. Bisogna inoltre adeguare degli organici, poiché gli attuali carichi di lavoro e i turni estenuanti non solo rendono meno attraente la professione, ma minano anche la qualità delle cure.
Ma come si pensa di invertire la china quando le condizioni di lavoro sono penalizzate dai bassi investimenti: solo l’8,6% del PIL è destinato alla sanità pubblica, ben al di sotto della media europea.
Quali soluzioni esistono, allo stato attuale dei casi, per affrontare questa emergenza? La prima azione necessaria è incentivare l’ingresso nelle professioni sanitarie, aumentando le retribuzioni e stimolando l’interesse fin dai primi anni di formazione, attraverso l’incremento di programmi di orientamento scolastico. Inoltre, si potrebbero attivare borse di studio e agevolazioni fiscali per chi sceglie la carriera infermieristica o medica, e introdurre una “Garanzia Giovani” per i laureati in medicina e infermieristica, con contratti a tempo determinato o indeterminato.
Per alleviare lo stress e la pressione sugli operatori sanitari, si dovrebbero incentivare soluzioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale (per il monitoraggio e la diagnosi) e la telemedicina (per l’assistenza a distanza), che supporterebbero il personale sanitario e ridurrebbero il carico burocratico. Ciò richiede però un forte investimento nella formazione tecnologica di medici e infermieri. È fondamentale che i professionisti possano concentrarsi sulla cura del paziente piuttosto che sulla gestione delle procedure amministrative.
Una soluzione auspicabile è quella di combattere la “fuga dei cervelli” in sanità, offrendo maggiori opportunità economiche e professionali. Occorre garantire una giusta possibilità di carriera, incentivare la creazione di “scuole operative” per i professionisti (dove oltre alla teoria è possibile imparare direttamente sul campo la professione) e implementare meccanismi di fidelizzazione che offrano incentivi economici o opportunità di carriera a chi decide di rimanere in Italia.
A seguito della pandemia, la professione medica e infermieristica ha visto un’impennata nella considerazione sociale, ma con il tempo questo riconoscimento è diminuito. È quindi fondamentale rivalutare le figure di medici e infermieri, attraverso una rimodulazione dei programmi di studio e l’istituzione di un ruolo più autonomo e qualificato. Inoltre, è necessario sensibilizzare il pubblico sull’importanza di tutte le figure sanitarie, non solo infermieri, ma anche tecnici di laboratorio, personale amministrativo, ecc. Il rafforzamento della cultura e dell’autonomia di tutte le figure sanitarie non può che condurre a una distribuzione più equilibrata del carico di lavoro, migliorando l’efficienza del sistema.
Un aspetto cruciale nella riorganizzazione della sanità riguarda l’educazione alla salute e la prevenzione. Investire in prevenzione sanitaria non solo riduce i costi futuri per il trattamento di malattie croniche, ma migliora anche la qualità della vita. È fondamentale implementare programmi di educazione sanitaria nelle scuole e nelle comunità, focalizzandosi su stili di vita sani, alimentazione corretta e attività fisica, affiancando a questi programmi di screening e diagnosi precoce.
Per realizzare tutto ciò, è necessario un adeguato investimento sulla sanità pubblica. Gli attuali finanziamenti non sono sufficienti per affrontare le sfide future e rischiano di farci arretrare ulteriormente rispetto agli altri paesi europei.
L’ottimizzazione della spesa pubblica non implica solo tagli, ma anche investimenti mirati per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi. Il risparmio può secondariamente derivare dalla qualità dei risultati, con la riduzione delle complicanze, dei tempi di esecuzione e l’aumento della sicurezza dei lavoratori. Una soluzione potrebbe essere l’adozione di un piano di finanziamento pluriennale per aumentare la percentuale del PIL destinata alla sanità, rispondendo alla crescente domanda e preparandosi alle sfide demografiche.
In conclusione, il sistema sanitario italiano si trova di fronte a sfide complesse e urgenti, legate all’invecchiamento della popolazione, alla carenza di personale medico e infermieristico e ai bassi finanziamenti del settore. Tuttavia, con un adeguato piano di investimenti, il rafforzamento delle politiche di formazione, l’attrazione dei professionisti e un maggiore focus sulla prevenzione e sull’innovazione tecnologica è possibile rispondere efficacemente a queste difficoltà. È fondamentale garantire un futuro stabile e di qualità per la sanità pubblica, puntando su soluzioni a lungo termine che possano migliorare l’efficienza, la sostenibilità e la qualità delle cure, a beneficio di tutta la popolazione.